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L'omelia di San Giovanni
25 Giugno 2025 - 16:38
Il cardinale Roberto Repole
«Mentre a Roma si discute, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici. E questa volta non è Sagunto, ma Palermo. Povera la nostra Palermo!». Era il 1982 e l’allora arcivescovo siciliano Salvatore Pappalardo pronunciò questa frase (citando Tito Livio) nel corso dell’omelia dei funerali del generale Dalla Chiesa assassinato dalla mafia. Seguirono ancora delitti e stragi, ma quella frase del cardinale fu la prima scintilla di una rivolta morale che poi prese la forma nella “Primavera di Palermo”. E’ questo un esempio cristallino di ciò che significa “autorità morale”, nello specifico quella di Pappalardo. Allo stesso modo, ieri, l’arcivescovo di Torino, il cardinale Roberto Repole ha usato parole forti e chiare per fotografare, nel giorno del Santo Patrono, le condizioni della sua diocesi. Repole ha esercitato la sua autorità morale, riconosciuta al di là della Fede e delle fedi e che non è ingerenza negli affari della politica, dell’economia e della finanza. Lo scenario è scoraggiante: Repole ha parlato di fallimento epocale, di un calo demografico preoccupante, di miliardi di euro “nascosti” nelle banche dai pochi ricchi che sono anche i padroni di immense rendite immobiliari. Tutto il resto è povertà, disagio, emarginazione e il lavoro, in quasi tutti i settori, si trasforma in sfruttamento delle persone. Non c’è più rispetto per la dignità dei singoli, per le esigenze delle famiglie, mentre le guerre dilagano e scorre il sangue di decine di migliaia di innocenti. Una reprimenda dura e senza sconti quella del cardinale, pienamente in linea con il magistero di Leone XIV che ha incitato i credenti (come fece San Giovanni Paolo II) a «non avere paura» e ad agire, in modo anche «disarmante» nei confronti di chi, come Dio, riconosce solo mammona.
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