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La polemica

Congedo maternità: datore di lavoro chiede a dipendente incinta di ridurre l'assenza, acceso dibattito sui diritti in Australia

Una vicenda australiana diventata virale sui social media mette in luce le pressioni aziendali e i diritti delle neomamme

Congedo maternità: datore di lavoro chiede a dipendente incinta di ridurre l'assenza, acceso dibattito sui diritti in Australia

Una vicenda proveniente dall'Australia ha scatenato un'ampia discussione internazionale dopo essere diventata virale sui social network. Una dipendente incinta, dopo aver inviato la richiesta formale di congedo di maternità, si è trovata di fronte a una risposta inaspettata da parte del proprio datore di lavoro. Il titolare di una piccola azienda le ha chiesto di ridurre il periodo di assenza previsto, esprimendo preoccupazione per i costi che l'azienda avrebbe dovuto sostenere per coprire il suo ruolo durante la maternità.

La lavoratrice ha fermamente ribadito la sua volontà di usufruire dell'intero periodo di congedo, sottolineando l'importanza di potersi dedicare al suo primo figlio e la necessità di adattarsi al nuovo ruolo di genitore, specialmente vivendo lontano dalla famiglia d'origine. Nonostante la sua disponibilità a collaborare nella selezione di una sostituta e a lasciare tutto in ordine, il capo ha insistito, affermando che "pagare sia il congedo sia la copertura durante la tua assenza rappresenta un peso notevole".

La conversazione è stata resa pubblica dal creator britannico Ben Askins su TikTok, dove ha rapidamente raccolto centinaia di migliaia di visualizzazioni e commenti indignati. Askins, noto per denunciare comportamenti tossici sul posto di lavoro sui social media, ha difeso la lavoratrice, definendo la richiesta del datore "del tutto fuori luogo" e lodando la fermezza con cui la dipendente ha fatto valere i propri diritti.

L'Australia prevede un sistema articolato di tutela per i neo-genitori attraverso il Fair Work Act. I dipendenti con almeno 12 mesi di servizio continuativo presso lo stesso datore di lavoro hanno diritto fino a 12 mesi di congedo parentale non retribuito, con la possibilità di richiedere un'estensione fino a 24 mesi totali, previa approvazione del datore di lavoro. Questo diritto si applica sia alle madri che ai padri.

Oltre al congedo non retribuito, esiste il Paid Parental Leave Scheme, un programma governativo che garantisce un periodo di congedo retribuito al salario minimo nazionale. Dal 2024, la durata di questo congedo è in progressivo aumento: dalle 22 settimane attuali passerà a 24 settimane nel 2025 e a 26 settimane nel 2026, con una retribuzione fissata a circa 882,75 dollari australiani a settimana. Inoltre, dal luglio 2025, i genitori riceveranno anche il versamento della superannuation (contributi pensionistici) sul congedo parentale retribuito.

Le lavoratrici in stato di gravidanza sono protette da qualsiasi forma di discriminazione. Il datore di lavoro non può esercitare pressioni per ridurre il periodo di congedo, né adottare comportamenti che possano penalizzare la dipendente a causa della gravidanza. Al termine del congedo, la lavoratrice ha diritto a tornare al proprio posto di lavoro o, se non disponibile, a un ruolo equivalente per condizioni e retribuzione.

Il caso australiano riporta al centro il dibattito sulla conciliazione tra esigenze aziendali e diritti dei lavoratori. Mentre le piccole imprese lamentano le difficoltà e i costi legati alle assenze prolungate, le lavoratrici rivendicano il diritto di vivere la maternità senza pressioni indebite o timori per la propria posizione lavorativa.

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