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50 giorni per Putin e nuove armi alla Nato: il cambio di rotta di Trump rivoluziona il conflitto russo-ucraino

L’ex presidente annuncia missili e Patriot a Kiev, a spese dell’Europa. In caso di mancato accordo, dazi del 100% alla Russia e possibili sanzioni ai suoi alleati

Trump cambia rotta sull’Ucraina: armi alla Nato e ultimatum a Putin entro 50 giorni

Trump

Un’inversione di rotta significativa quella annunciata da Donald Trump sulla guerra in Ucraina. L’ex presidente degli Stati Uniti ha comunicato l’intenzione di fornire ingenti quantitativi di armi alla Nato, specificando che saranno gli alleati europei a coprirne interamente i costi.

Tra i sistemi militari previsti, spiccano i missili Patriot, con la Germania pronta ad acquistare due batterie. A contribuire all’invio anche Norvegia, Regno Unito, Danimarca, Canada, Finlandia e Svezia. Uno dei Paesi coinvolti sarebbe pronto a spedire a Kiev 17 sistemi Patriot prelevandoli dalle proprie scorte per accelerare i tempi. Secondo Axios, la prima tranche statunitense ammonterebbe a circa 10 miliardi di dollari.

Oltre all’aspetto militare, Trump ha lanciato un ultimatum diretto a Vladimir Putin: 50 giorni per raggiungere un accordo, altrimenti scatteranno dazi del 100% contro la Russia. Il termine “dazi secondari” usato dal tycoon lascia spazio a interpretazioni, ma un funzionario della Casa Bianca ha chiarito che potrebbero colpire anche Paesi terzi che commerciano con Mosca, in particolare quelli che acquistano petrolio, come India e Cina.

Al momento, l’impatto economico diretto dei dazi sulle importazioni russe sarebbe modesto, visto che gli scambi tra Stati Uniti e Russia sono ridotti a 5,5 miliardi di dollari l’anno. Tuttavia, le sanzioni secondarie rappresenterebbero un duro colpo per Mosca, andando a colpire i suoi principali acquirenti di energia.

Una proposta di legge bipartisan che prevede sanzioni fino al 500% ha già ottenuto il sostegno di 85 senatori, ma Trump ha dichiarato di preferire misure esecutive, senza passare dal Congresso. Il leader repubblicano al Senato, John Thune, ha confermato lo stop momentaneo alla proposta legislativa dopo un confronto diretto con Trump.

Secondo fonti vicine all’amministrazione, la decisione dell’ex presidente sarebbe maturata in seguito a una telefonata con Putin avvenuta il 3 luglio. Trump avrebbe percepito l’interlocutore russo come inaffidabile, dopo ripetuti segnali di apertura poi smentiti dai fatti.

Gli europei, consapevoli della frustrazione americana, avrebbero convinto Trump a procedere puntando non su “aiuti” ma su un accordo commerciale in cui Washington non sborsa nulla, mantenendo così fede alla retorica isolazionista.

Il sostegno europeo — armi pagate e impegno a destinare il 5% del PIL alla difesa — sembra aver risollevato l’immagine del Vecchio Continente agli occhi dell’ex presidente, che ha dichiarato: «All’inizio non lo pensavo, ma ora l’Europa paga per tutto».

Il vero interrogativo rimane uno: se Putin non accetterà il confronto, fino a che punto Trump sarà disposto a colpire Mosca e i suoi alleati? Alla domanda diretta su cosa accadrebbe in caso di escalation, il presidente si è limitato a replicare: «Non farmi una domanda del genere».

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