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21 Luglio 2025 - 20:20
Domani il Senato sarà chiamato a esprimersi sulla riforma costituzionale della giustizia che introduce la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Si tratta di un passaggio chiave per una delle modifiche più rilevanti degli ultimi anni all’assetto del sistema giudiziario italiano, fortemente voluta da Forza Italia e sostenuta dalla maggioranza di governo.
La riforma interviene sulla Costituzione per distinguere formalmente due percorsi professionali separati: quello dei magistrati giudicanti (giudici) e quello dei requirenti (pubblici ministeri). I due ruoli diventeranno incompatibili già dall’ingresso in magistratura. Sarà possibile il passaggio da una funzione all’altra solo in casi eccezionali, e comunque entro sei anni dal raggiungimento dei requisiti, e una sola volta nella carriera.
Uno degli elementi centrali del provvedimento è la creazione di due Consigli Superiori della Magistratura distinti: uno per i giudici e uno per i pm. Entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica e avranno competenza esclusiva per la propria categoria in materia di assunzioni, trasferimenti, nomine e valutazioni di professionalità. Oltre ai magistrati, ciascun Consiglio includerà professori di diritto e avvocati con lunga esperienza, scelti in parte dal Parlamento e in parte tramite sorteggio. Altro punto rilevante è l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare, che subentrerà al CSM nella gestione delle sanzioni disciplinari. Questo nuovo organo avrà una composizione mista, con 15 membri: 9 magistrati e 6 laici (avvocati e accademici), nominati o estratti a sorte secondo criteri precisi. La finalità è garantire maggiore imparzialità nei procedimenti disciplinari.
Essendo una riforma costituzionale, il testo dovrà affrontare due votazioni in entrambe le Camere, a distanza di almeno tre mesi. Quella di domani al Senato rappresenta quindi solo la prima tappa. In assenza della maggioranza qualificata dei due terzi, sarà necessario un referendum confermativo, senza quorum. Uno scenario molto probabile, dato il netto dissenso dell’opposizione. In quel caso, la consultazione potrebbe svolgersi nella primavera del 2026.
Le norme attuali dell’ordinamento giudiziario resteranno valide fino a un anno dopo l’entrata in vigore della riforma, tempo previsto per adeguare la legislazione ordinaria.
Il disegno di legge ha suscitato un forte dibattito. I promotori lo definiscono un intervento necessario per garantire maggiore equilibrio tra accusa e difesa e per evitare sovrapposizioni tra chi indaga e chi giudica. I critici (tra cui l’Associazione Nazionale Magistrati e il Consiglio Superiore della Magistratura) temono invece che possa compromettere l’indipendenza della funzione requirente e rendere i pubblici ministeri più esposti a pressioni esterne.
Il voto in Senato, pur non essendo conclusivo, rappresenta un momento politico decisivo. Nei prossimi mesi, il confronto si sposterà prima alla Camera e poi, molto probabilmente, nelle urne.
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