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IL CASO
23 Luglio 2025 - 09:09
Due date sul calendario, un’indagine e un partito sotto pressione. Il 10 giugno e il 29 ottobre del 2021 segnano per gli inquirenti l’inizio e la fine di un presunto reato, che si incrocia con uno dei momenti più delicati della politica torinese: gli ultimi cinque mesi della campagna elettorale che avrebbe portato Stefano Lo Russo alla guida del Comune. Al centro dell’inchiesta chiusa dalla guardia di finanza due giorni fa — con 8 indagati, accuse che vanno dall’infedeltà patrimoniale alla truffa aggravata — c’è la società Rear, storica cooperativa legata a doppio filo a pezzi del centrosinistra piemontese. E tra gli indagati figura Domenico Carretta, oggi assessore allo Sport, all’epoca uno degli uomini più attivi nella macchina elettorale del Pd. Secondo la ricostruzione della procura, in quei cinque mesi avrebbe dichiarato di lavorare regolarmente in Rear, dove risulta impiegato come "tipo C". In realtà, sempre secondo l’accusa, non sarebbe mai stato presente nella sede di Grugliasco. Avrebbe invece dedicato il tempo alla campagna elettorale. L’aspettativa? Richiesta solo il primo novembre, tre giorni dopo la nomina ad assessore. Intanto, gli sarebbero stati accreditati oltre 12 mila euro di stipendi. Non è il solo. Il nome più pesante resta quello di Mauro Laus, parlamentare Pd, considerato il “papà” della Rear. L’accusa: aver percepito regolarmente uno stipendio dalla società mentre era impegnato a Roma come deputato. Secondo la procura, 205 giornate di lavoro parlamentare non avrebbero coinciso con alcuna attività svolta per la Rear. E le spese? Un appartamento vicino a Montecitorio, 33 mila euro l’anno, sempre a carico della cooperativa. E un altro immobile a Riva del Garda, che — per l’accusa — sarebbe stato usato per fini personali. Le carte parlano anche di un secondo filone, più tecnico, ma altrettanto delicato: un’indagine fiscale e tributaria per verificare la correttezza dei conti Rear. In particolare, l’utilizzo di tre milioni di euro provenienti dai fondi pubblici per il Covid, destinati ai lavoratori in difficoltà. Formalmente, Rear ne avrebbe avuto diritto. Ma per la procura, chi ha percepito quei soldi non lavorava realmente. La “grande famiglia Rear” — come la chiamano gli inquirenti — è composta da Laus, la moglie, i figli, la cognata e alcuni collaboratori vicini al Pd torinese: oltre a Carretta, Maria Grazia Grippo, presidente del consiglio comunale, e Antonio Munafò, presidente di Rear. Le perquisizioni, scattate mesi fa, avevano già acceso più di un segnale. Ora, con il fascicolo chiuso, nel Pd torinese si alza la temperatura. E non si tratta di semplice calura estiva.
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