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L'inchiesta
29 Luglio 2025 - 21:09
Cinque giornate di disordini, decine di feriti tra le forze dell’ordine, cortei non autorizzati, danni a edifici pubblici e attività commerciali. La Procura di Torino ha aperto un fascicolo che racconta, in oltre 250 pagine, l’evoluzione di una protesta che si è fatta sempre più violenta. L’inchiesta ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 47 persone, legate al movimento Pro Palestina e ai collettivi antagonisti della città. Tra loro, 17 sono destinatari di misure cautelari: 7 attivisti in particolare potrebbero finire in carcere.

È il risultato di un’indagine coordinata dai magistrati torinesi e condotta dalla Digos, che ha ricostruito, uno per uno, gli episodi di tensione scoppiati in città tra ottobre 2023 e luglio 2024, tutti riconducibili all’attività di gruppi auto-organizzati, spesso collegati alle realtà dei centri sociali, come Askatasuna.

È ottobre 2023 quando la protesta prende forma. A Torino è in corso il Festival delle Regioni e delle Province Autonome, con la presenza delle più alte cariche dello Stato, tra cui la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Due cortei non autorizzati, senza preavviso alle autorità, cercano di sfondare i cordoni di sicurezza. I manifestanti sventolano bandiere palestinesi, urlano slogan contro il governo.

Sono i ProPal, come si autodefiniscono, e tra loro figurano volti noti alle forze dell’ordine. La tensione è alta, le cariche inevitabili. Quel giorno rappresenta il primo campanello d’allarme. Due settimane dopo, il clima non cambia. Durante un corteo studentesco organizzato contro la riforma scolastica del ministro Giuseppe Valditara, si ripetono gli stessi scontri. Le sigle sono le stesse. I volti pure. La protesta scolastica si salda con la mobilitazione per la Palestina, le tensioni aumentano. La situazione precipita il 4 dicembre 2023. Al Campus Einaudi è in corso un volantinaggio del Fuan (Fronte Universitario d’Azione Nazionale), organizzazione giovanile di destra. Il gruppo viene bloccato fisicamente da alcuni attivisti che si definiscono antifascisti - con atteggiamenti che tutto sono meno che democratici. Nasce una vera e propria aggressione: sputi, calci, pugni. Dieci agenti del Reparto Mobile, intervenuti per contenere il caos, restano feriti dopo essere stati colpiti da oggetti lanciati contro di loro.

A febbraio 2024, davanti alla sede Rai di via Verdi, va in scena un’altra manifestazione. Anche questa sfocia in scontri. Sette agenti (tra carabinieri e poliziotti) finiscono contusi. Vetri in frantumi, bottiglie rotte lanciate contro i reparti schierati. I passanti fuggono impauriti. Nella stessa serata viene assaltato un McDonald’s. L’irruzione provoca danni e imbrattamenti stimati in circa 10mila euro.

L’ultimo episodio chiave dell’indagine risale al G7 di Venaria, giugno 2024. La protesta raggiunge il suo apice. Nemmeno gli idranti riescono a contenere la rabbia dei manifestanti. Viene appiccato un rogo in pieno centro, davanti alle camionette della polizia.

Ancora lanci di oggetti, ancora feriti tra le forze dell’ordine: tre, quel giorno, finiscono in ospedale. Per la Procura, la linea è chiara: ricostruire i singoli episodi, individuare le responsabilità, intervenire con misure restrittive mirate, anche in assenza dell’accusa di associazione a delinquere, caduta nel precedente processo “Sovrano” che vedeva coinvolti membri di Askatasuna. «I giudici torinesi vivono evidentemente su Marte» ha commentato il vicepremier Matteo Salvini qualche giorno fa, dopo l’ennesimo episodio di violenza avvenuto in Valsusa. A cura dei NoTav. Che nel loro movimento vedono diversi membri di Askatasuna. E dei Pro-Pal. Insomma, cambiano le casacche in base al corteo, ma la sostanza - e i nomi - alla fine, sono sempre gli stessi.
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