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Il caso

Barriera di Milano, altra notte di tensione: accoltellato in mezzo alla strada

Cominciata in corso Palermo, terminata in corso Giulio. I residenti disperati

Barriera di Milano, altra notte di tensione: accoltellato in mezzo alla strada

Un altro ferito, un’altra lama. Stavolta in corso Palermo, angolo via Sesia. È quasi mezzanotte quando due ragazzi, entrambi di origine marocchina, si affrontano in mezzo alla strada. Hanno ventitré e trent’anni. Poco prima il più giovane aveva avuto un diverbio con la fidanzata del 30enne, incinta. Si insultano, si spingono. Poi lei gli spruzza uno spray urticante in piena faccia. Seguono o vetri rotti, altre urla. Il 30enne tira fuori un coltello e colpisce alla testa il suo rivale. Che resta a terra, sanguinante. L’altro, assieme alla fidanzata, viene fermato poco dopo dai carabinieri in via Feletto all’angolo con corso Giulio Cesare.
Il ferito viene portato all’ospedale San Giovanni Bosco. Codice giallo. Sta bene, non rischia la vita. Siamo sempre lì, Barriera di Milano. Lo stesso quartiere dove, meno di una settimana fa, è stato ucciso Courage Amadin, 30 anni, quattro coltellate in pieno petto, a pochi passi da Ponte Mosca, in pieno giorno. Il suo assassino ancora è a piede libero. Dove l’asfalto è consumato dalle ruote dei monopattini e le notti sono sempre sveglie.
Nemmeno venti minuti dopo l’aggressione in corso Palermo, un’altra scena. Stavolta all’angolo con corso Novara. Una macchina della Gìguardia di finanza si ferma. Gli uomini scendono, torce in mano, cercano qualcosa. Prendono un uomo, lo caricano in auto, sui sedili dietro. Piano, attenti, senza fargli male. L'uomo non oppone resistenza, abbassa la testa, entra nell'auto. ha la faccia rassegnata. I finanzieri anche. La città continua a contare i colpi. Tre mesi fa, a seicento metri da lì, veniva ucciso Mamoud Diane.
Solo lunedì il papà, Sori, ha potuto finalmente seppellirlo, dopo tre mesi di attesa. Il corpo del figlio era rimasto in cella frigorifera fino all’autopsia. Ora riposa a Torre Mondovì, nel Cuneese.
Piazza Foroni, un chilometro più in là, si svuota solo in apparenza.
I balconi sono chiusi, le tende abbassate. Fa caldo, ma nessuno si affaccia. Restano i vetri rotti delle bottiglie, i tossicodipendenti che barcollano tra un marciapiede e l’altro, e le trattative che si chiudono dietro un angolo, dove una donna vuole comprare qualcosa ma non ha denaro con sè. E quel venditore può accontentarla, ma qualcosa in cambio vuole. Dietro un angolo appunto, senza curarsi di essere al riparo da sguardi indiscreti, senza bisogno di parole, la spinge contro un muro. E chiede il conto.

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