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Finalmente sappiamo perché negli ultimi 15 anni sono morte miliardi di stelle marine

I ricercatori canadesi e statunitensi individuano la causa dell’epidemia che ha devastato l’ecosistema del Pacifico

Finalmente sappiamo perché negli ultimi 15 anni sono morte miliardi di stelle marine

Una delle più gravi epidemie marine mai osservate ha finalmente un colpevole. A causare la moria di miliardi di stelle marine lungo la costa pacifica del Nord America, dal 2013 a oggi, è stato un batterio: Vibrio pectenicida, appartenente allo stesso genere di quello che provoca il colera nell’essere umano. A identificarlo è stato un team di ricercatori dell’Hakai Institute e dell’Università della British Columbia, con il supporto di colleghi statunitensi. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Ecology & Evolution, rappresenta un punto di svolta nella comprensione delle malattie marine e offre nuove speranze per la tutela di un ecosistema messo a dura prova.

La morìa ha colpito oltre 20 specie di stelle marine tra il Messico e l’Alaska, causando un crollo del 90% della popolazione di Pycnopodia helianthoides, la cosiddetta stella marina girasole, una delle più grandi e importanti della regione. Con i suoi fino a 24 bracci e oltre un metro di diametro, questa specie è considerata un predatore chiave nell’equilibrio delle foreste sottomarine.«È la più grande epidemia marina tra animali selvatici mai documentata» – sottolineano gli autori dello studio – «e ora che conosciamo il responsabile, possiamo provare a invertire la rotta». Le conseguenze ecologiche della scomparsa delle stelle marine sono state drammatiche. In loro assenza, i ricci di mare, di cui sono predatrici, si sono moltiplicati incontrollatamente, distruggendo le laminariali (kelp), gigantesche alghe che formano foreste sottomarine fondamentali per migliaia di specie marine. Queste alghe sono inoltre alleate preziose contro il cambiamento climatico, perché assorbono grandi quantità di anidride carbonica, contribuendo alla regolazione dell’ecosistema globale.

Per individuare il patogeno, i ricercatori hanno allevato in laboratorio un gran numero di stelle marine girasole e confrontato i dati genetici di individui sani e malati. La presenza del Vibrio pectenicida è emersa chiaramente nei soggetti infetti. Il passo decisivo è stato infettare stelle sane con il batterio: su 20 esemplari, solo uno è sopravvissuto, e solo perché esposto alla dose più bassa.
Restano ancora molti interrogativi: non è chiaro da dove sia partita l’epidemia, se il batterio abbia colpito inizialmente altre specie marine, come i molluschi, e se si sia verificato un cosiddetto “salto di specie” o, più precisamente, di phylum. È anche possibile che il cambiamento climatico abbia giocato un ruolo, favorendo la diffusione del batterio in acque più calde, come già accaduto in altri contesti marini.

Alcune popolazioni di stelle marine stanno mostrando lievi segnali di ripresa, ma il batterio è ancora presente in circa un quarto degli habitat monitorati. Ciò significa che l’equilibrio degli ecosistemi costieri del Pacifico è tuttora fragile, e serviranno ulteriori studi e interventi mirati per favorire il recupero delle specie colpite.

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