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Misteriosi dischetti neri sulle spiagge italiane: “Non sappiamo ancora quali rischi comportano”

Da mesi vengono ritrovati lungo l’Adriatico e ora anche in Sicilia. L’indagine è ancora in corso

Misteriosi dischetti neri sulle spiagge italiane: “Non sappiamo ancora quali rischi comportano”

Da mesi centinaia di dischetti neri di plastica vengono ritrovati sulle spiagge italiane, inizialmente lungo la costa adriatica, ora anche in Sicilia. L’origine sembra essere legata a una perdita da un impianto di depurazione che scarica nel fiume Adige, avvenuta lo scorso gennaio. Ma a distanza di oltre sei mesi, le indagini procedono a rilento, e i rischi ambientali non sono ancora chiari. A raccontare i dettagli della vicenda è Enzo Suma, fondatore del progetto Archeoplastica, che da anni si occupa di rifiuti marini. «Abbiamo denunciato la dispersione dei dischetti al NOE (Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri) e avviato contatti con l’azienda che li produce», spiega Suma. «Ma a oggi, nonostante la disponibilità dell’azienda a collaborare, non c’è stato un interlocutore ufficiale che abbia avviato verifiche concrete».

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Secondo quanto ricostruito da Archeoplastica, l’interlocutore istituzionale più logico dovrebbe essere ARPAV Rovigo, ma l’agenzia ha negato ogni coinvolgimento. «Forse per ragioni legate alla riservatezza delle indagini», ipotizza Suma. «Tuttavia, a inizio luglio ricevevamo ancora segnalazioni da Rosolina, una delle zone più colpite, dove si continuavano a raccogliere centinaia di dischetti». Nel frattempo, l’Università di Milano-Bicocca ha avviato uno studio scientifico sui dischetti, per analizzarne composizione, provenienza e impatto ambientale.
Il laboratorio del professor Francesco Saliu, presso il DISAT, ha lanciato un appello pubblico: chiunque trovi un dischetto è invitato a raccoglierlo, conservarlo in una busta chiusa e spedirlo all’università, indicando luogo, data e se possibile le coordinate GPS del ritrovamento.
I campioni saranno analizzati con strumenti come la spettrometria di massa per valutare la loro resistenza, il potenziale rilascio di sostanze tossiche e la loro dispersione in mare, con l'obiettivo di creare una banca dati utile alla ricerca, ma anche di coinvolgere i cittadini nel monitoraggio ambientale.

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