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calo demografico
14 Agosto 2025 - 08:25
In un Paese come l’Italia, costretto da oltre trent’anni a convivere con deficit cronico e debito pubblico elevato, le notizie più rilevanti si nascondono spesso tra le righe dei documenti di bilancio. È il caso della relazione tecnica allegata a un emendamento governativo al decreto 90/2025, convertito in legge a fine luglio, che – pur affrontando il tema della copertura assicurativa strutturale per circa 10 milioni di studenti e insegnanti – finisce per raccontare molto di più: disegna il futuro della scuola italiana nel prossimo decennio, a partire da un dato allarmante. Da qui al 2034, un milione di studenti in meno siederà tra i banchi. Il calo sarà lento ma inesorabile: dai 8,84 milioni di iscritti del 2024 si passerà a 8,67 milioni nel 2025. E, restringendo il campo ai soli alunni delle scuole di ogni ordine e grado (escludendo quindi università e Afam), lo scenario diventa ancora più chiaro: 6,91 milioni oggi, 5,90 milioni nel 2034. Per la prima volta, la popolazione scolastica scenderà sotto la soglia dei sei milioni.
In assenza di un’inversione di rotta, si parla di almeno 100mila cattedre in meno da qui al 2034 e di 5mila plessi scolastici destinati a svuotarsi, su un totale di circa 40mila strutture oggi attive. Un assaggio concreto di questo processo sarà visibile già a settembre 2025, quando per la prima volta dal 2020/21 il numero degli organici scolastici calerà. Secondo un decreto interministeriale Mef-Mim di fine luglio, il saldo sarà di circa 3.800 posti in meno: 5.660 posti comuni tagliati per effetto della denatalità, parzialmente compensati da 1.886 nuovi posti di sostegno, previsti dall’ultima legge di bilancio. Una dinamica che rappresenta una vera discontinuità: in passato, il numero degli insegnanti era spesso rimasto stabile o in crescita, anche a fronte della diminuzione degli alunni.
L'equilibrio del rapporto alunni/docenti, finora protetto da dinamiche politiche e sindacali, è destinato a rompersi sotto il peso del crollo demografico: è infatti la denatalità il vero motore di questa crisi. Secondo i dati Istat dai 420.084 nati nel 2019 si è scesi a circa 380mila nel 2023 e le proiezioni per il 2024 indicano un ulteriore calo a 370mila. Migliaia di nascite in meno ogni anno che, sommate, delineano una tendenza irreversibile, almeno nel breve e medio termine.
La relazione tecnica al Dl 90 individua due possibili vie d’uscita: flussi migratori consistenti o una ripresa delle nascite. Ma quest’ultima, osservano i tecnici del governo, «comunque non produrrebbe il suo effetto sulla scuola prima di quattro anni», ovvero quando i bambini inizieranno a frequentare la scuola dell’infanzia. Un margine temporale che rende ancora più evidente l’urgenza del problema.
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