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il caso

Collezionista fa causa a Christie’s per un Picasso “macchiato” da un passato criminale

Sasan Ghandehari chiede l’annullamento del contratto e la restituzione di 5,5 milioni di euro: il dipinto sarebbe appartenuto a un uomo condannato per traffico di cocaina

Collezionista fa causa a Christie’s per un Picasso “macchiato” da un passato criminale

Una disputa legale internazionale coinvolge Christie’s, la più nota casa d’aste al mondo, e Sasan Ghandehari, un facoltoso collezionista d’arte britannico. Al centro della contesa: Femme dans un rocking-chair, un dipinto del 1956 di Pablo Picasso, venduto da Christie’s nel febbraio 2023. Secondo l’accusa, l’opera sarebbe stata precedentemente di proprietà di José Mestre Sr., un imprenditore spagnolo condannato per traffico di droga, e questo dettaglio non sarebbe stato comunicato al compratore. Ghandehari ha intentato causa tramite la sua società Brewer Management, sostenendo di essere stato indotto a comprare il quadro senza essere informato del legame con Mestre. Il precedente penale di quest’ultimo – che nel 2014 fu condannato dopo che la polizia trovò 202 chili di cocaina su una delle sue navi cargo – potrebbe, secondo il collezionista, compromettere la reputazione e il valore commerciale dell’opera.

Il quadro era stato inizialmente messo all’asta, ma non venne aggiudicato a nessun partecipante. Tuttavia, Ghandehari era vincolato a rilevare l’opera in virtù di una “garanzia d’asta”, una clausola contrattuale che lo impegnava ad acquistare il dipinto a un prezzo prefissato qualora non si fosse trovato un altro acquirente durante la vendita pubblica. Questo tipo di accordo, sebbene comporti dei rischi, offre anche incentivi economici: il garante riceve una commissione nel caso in cui il dipinto venga venduto a un terzo, ma è tenuto ad acquistarlo se resta invenduto.

Secondo i legali di Ghandehari, Christie’s avrebbe omesso intenzionalmente di rivelare i trascorsi giudiziari del precedente proprietario, causando così un danno economico rilevante. Il collezionista ha già versato un acconto da 5 milioni e mezzo di euro (su un prezzo totale di oltre 16 milioni), e ora chiede l’annullamento del contratto e la restituzione della somma pagata. Dal canto suo, Christie’s respinge ogni accusa, affermando di aver informato correttamente l’acquirente e di confidare nel pieno pagamento della cifra pattuita. La casa d’aste sostiene che non vi sia stata alcuna violazione contrattuale e che tutte le informazioni rilevanti siano state fornite nei tempi e nei modi previsti.

La vicenda solleva questioni delicate nel mondo del mercato dell’arte di alto profilo, dove la provenienza delle opere gioca un ruolo fondamentale nella determinazione del loro valore e della loro commerciabilità.

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