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19 Agosto 2025 - 14:10
Nel prossimo disegno di Bilancio, le pensioni saranno al centro del dibattito. Dal 2026, infatti, dovrebbe entrare in vigore l’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita, ma il governo sembra intenzionato a rinviare questa misura e sta valutando altre soluzioni per rivedere l’uscita dal lavoro.
Secondo le stime dell’Istat, l’adeguamento all’aspettativa di vita comporterebbe un aumento di circa tre mesi dell’età pensionabile o degli anni di contribuzione. I cambiamenti previsti sarebbero:
Pensione di vecchiaia: da 67 anni a 67 anni e 3 mesi;
Uscita anticipata uomini: da 42 anni e 10 mesi a 43 anni di contributi;
Uscita anticipata donne: da 41 anni e 10 mesi a 42 anni di contributi.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha annunciato che l’adeguamento potrebbe essere posticipato di almeno due anni, con un costo stimato tra 300 milioni e un miliardo di euro. L’ipotesi di eliminare completamente il meccanismo comporterebbe però un assegno inferiore fino al 9%, e del 7,9% per i lavoratori autonomi, secondo la Ragioneria generale dello Stato.
Il sistema pensionistico italiano si basa su due elementi principali:
Adeguamento all’età pensionabile, che aumenta l’assegno in base agli anni di lavoro;
Coefficiente di trasformazione, che trasforma i contributi accumulati in pensione e tende a diluirli nel tempo.
Dopo lo scatto del 2027, il successivo è previsto per il 2029, con un aumento di altri due mesi dell’età pensionabile. Seguendo questo trend, nel 2040 l’età media di pensionamento supererà i 68 anni.
Il meccanismo di calcolo funziona in direzioni opposte: più anni di lavoro significano più contributi e assegno più alto, mentre il coefficiente di trasformazione riduce l’importo mensile percepito. La Ragioneria avverte che bloccare uno dei due elementi potrebbe alterare l’equilibrio del sistema.
Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha suggerito di fissare a 64 anni la “soglia di libertà” pensionistica, attualmente disponibile solo per i contributivi puri. L’idea prevede anche di rafforzare la previdenza complementare, ad esempio utilizzando il TFR versato all’Inps come rendita per anticipare l’uscita a 64 anni.
Durigon ha sottolineato l’importanza della volontà politica, affermando che la Lega e il ministro Giorgetti vogliono bloccare l’aumento dell’età pensionabile, trovando le risorse necessarie. Tuttavia, la Ragioneria mette in guardia: questa soluzione potrebbe compromettere la sostenibilità del sistema e ridurre il contributo della previdenza complementare.
Per quanto riguarda Quota 103, che consente la pensione a 62 anni con 41 anni di contributi, si ipotizza la cancellazione. La misura, prorogata fino a dicembre, è poco utilizzata: nel 2024 le pensioni liquidate sono state appena 1.153, con circa 15mila domande totali.
Anche Opzione Donna registra numeri bassi: nel primo semestre 2025 le uscite sono state 1.134, quasi la metà con assegni sotto 1.000 euro. È possibile che questa misura venga superata, sostituendola con un’uscita anticipata unica valida per tutti i lavoratori, non solo per le donne.
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