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19 Agosto 2025 - 21:15
Nelle ultime ore una notizia ha agitato il dibattito online: Mario Sechi, giornalista e direttore di Libero, avrebbe sostituito Alessandro Barbero su Rai Storia. Il caso, innescato da qualche video virale su TikTok e amplificato da commenti indignati, ha preso rapidamente piede, scatenando reazioni furiose da parte del pubblico e di chi segue con affetto il celebre storico. Il problema è che si tratta di una notizia priva di fondamento. La confusione è nata da una narrativa distorta, secondo cui Sechi — figura vicina al governo Meloni e già portavoce della presidente del Consiglio — sarebbe stato chiamato a prendere il posto di Barbero in Rai, se non addirittura alla direzione del canale Rai Storia. La narrazione implicita, e per molti preoccupante, era quella di una sostituzione ideologica, che avrebbe visto una voce indipendente e molto amata dal pubblico, spesso associata a posizioni di sinistra, venire soppiantata da un esponente della cosiddetta “TeleMeloni”.
In realtà, mettendo in fila i fatti, il quadro cambia completamente. Alessandro Barbero non è mai stato direttore di Rai Storia. La sua presenza sul canale si è sempre limitata alla conduzione e alla partecipazione a programmi divulgativi. Lo storico, nel frattempo, ha partecipato anche ad altri programmi della tv pubblica, da Rai3 a Rai1, fino a collaborazioni con La7.
Quanto a Mario Sechi, non è una novità la sua presenza a Rai Storia. Alla fine del 2024 aveva già condotto una trasmissione intitolata Che magnifica impresa, incentrata sull’ingegno e sulla manifattura italiana. Le polemiche al suo arrivo erano già sorte allora, ma non c’era stato alcun legame con Barbero o con una sua eventuale “rimozione”. La seconda stagione del programma di Sechi è prevista a partire dal 7 ottobre prossimo, indipendentemente dalla programmazione di Barbero, che sta portando avanti altri progetti.
L’intera polemica, insomma, nasce da un fraintendimento. Non esiste una sostituzione, né un conflitto diretto. Si tratta piuttosto di una sovrapposizione fittizia, montata attorno alla paura infondata in questo caso che il pluralismo culturale venga messo a rischio da logiche politiche. Se c’è qualcosa che questa vicenda dimostra, è quanto il pubblico sia attento ai contenuti di qualità, soprattutto quelli culturali, e quanto una figura come Barbero sia diventata simbolo di autorevolezza e passione nella divulgazione.
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