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sanità
25 Agosto 2025 - 14:10
Nonostante una cronica carenza di personale sanitario, il numero chiuso ai corsi di laurea in Infermieristica resterà anche per il prossimo anno accademico. L’accesso continuerà a essere limitato, come per Medicina e Chirurgia, dove però verrà introdotto un sistema diverso: tre esami di profitto nel primo semestre, aperto a tutti, ma chi non li supera non potrà accedere al secondo. Una riforma parziale che non cambia la sostanza: i posti restano troppo pochi rispetto al fabbisogno stimato. Secondo il primo “Rapporto sulle professioni infermieristiche” curato da FNOPI (Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche) e dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, la situazione italiana è particolarmente fragile. E lo sarà sempre di più.
La metà degli infermieri italiani ha già più di 50 anni, e il 15% ha superato i 60. La fascia più rappresentata è quella tra i 51 e i 55 anni (18,2%), seguita da quella tra i 56 e i 60 anni (16,1%). Le nuove generazioni faticano a entrare: solo il 3,16% degli iscritti ha tra i 21 e i 25 anni, e appena il 48% ha meno di 50 anni. Uno squilibrio generazionale che, senza interventi strutturali, rischia di diventare insostenibile. Anche perché l’Italia si sta avviando a diventare uno dei paesi più anziani al mondo: secondo Openpolis, nel 2050 gli over 65 saranno il 34,9% della popolazione, rispetto al 23,5% attuale.
A fronte di un carico di lavoro crescente, gli infermieri italiani guadagnano meno rispetto alla media dei colleghi europei. La retribuzione media lorda annua si ferma a 32.400 euro, ben al di sotto della media OCSE per il personale infermieristico, che si attesta sui 39.800 euro. E le differenze sono marcate anche a livello regionale: si va dai 37.204 euro del Trentino-Alto Adige ai soli 26.186 euro in Molise. Più alta è la concentrazione di infermieri e di ruoli specializzati, più i salari tendono a salire. Questo segnala un legame diretto tra investimenti nella sanità e valorizzazione economica della professione.
La carenza di infermieri non è solo italiana. Il recente rapporto dell’OMS (maggio 2025) conferma una crisi globale: a livello mondiale mancano 5,8 milioni di infermieri, nonostante un aumento complessivo della forza lavoro, salita a 29,8 milioni nel 2023. La causa è la distribuzione iniqua: il 78% degli infermieri lavora in paesi che ospitano solo il 49% della popolazione mondiale.
Anche i dati sul personale in Italia sono difficili da leggere con chiarezza. Secondo l’OCSE, ci sono 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti – meno della media europea, che si attesta su 8,4. Ma il numero varia: FNOPI stima 7,83 ogni 1.000 abitanti, mentre il Conto Annuale del personale si ferma a 4,79, perché considera solo il personale dipendente del settore pubblico, escludendo quindi cliniche e strutture private.
Il dato reale, insomma, è frammentato e parziale. E nasconde un’altra criticità: le diseguaglianze territoriali. Se in regioni come la Liguria o l’Emilia-Romagna si superano i 6 infermieri ogni 1.000 abitanti, in Campania, Sicilia e Lombardia si scende a 3,5.
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