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Il caso

Torino, il carcere scoppia, lui esce: i giudici citano la Costituzione

Una decisione che, superando la sola valutazione clinica, apre la strada a nuove interpretazioni del principio di umanità della pena

Torino, il carcere scoppia, lui esce: i giudici citano la Costituzione

Mentre ancora tiene banco la dichiarazione del ministro Nordio – «non c’è alcuna correlazione tra sovraffollamento e suicidi nelle carceri» – il tribunale di sorveglianza di Torino decide di muoversi in tutt’altra direzione. E con un’ordinanza che potrebbe fare scuola, apre alla detenzione domiciliare per un detenuto con patologie non gravi, ma detenuto in un contesto definito «di disagio strutturale».
Il caso riguarda un 47enne, recluso al Lorusso e Cutugno di Torino, condannato a 4 anni e 10 mesi per rapine aggravate, resistenza e ricettazione. Obeso e cardiopatico, in prima istanza si era visto negare la misura alternativa: condizioni sanitarie giudicate “discrete”, non incompatibili con il carcere. Poi arriva il parere favorevole del procuratore generale Lucia Musti. La toga richiama i principi costituzionali – salute, umanità della pena – e aggiunge un passaggio che non passa inosservato: «Il magistrato deve tenere conto della realtà territoriale e del momento storico». Con una situazione carceraria che, al Lorusso, tocca il 134% di affollamento. Il giorno stesso della decisione, in quell’istituto si conta un altro suicidio. Sono 55 in Italia da gennaio. A quel punto, i giudici cambiano linea. Accolgono il ricorso della difesa – l’avvocato Francesco Romeo – e autorizzano la detenzione domiciliare. Il detenuto sconterà la pena nella propria abitazione, in Veneto. Non per incompatibilità stretta con la detenzione, precisano i giudici, ma perché «il quadro di sovraffollamento impone una riflessione» sulla permanenza in carcere di soggetti con patologie, anche se stabili.
Nell’ordinanza si riconosce la professionalità del personale sanitario, ma si segnala anche «un surplus di sofferenza evitabile» e la ricaduta sul lavoro della polizia penitenziaria, costretta a frequenti accompagnamenti esterni per visite e terapie. Un sistema già sotto pressione, che fatica a reggere.
Il tribunale elenca infine i criteri da applicare: salute, condotta, pericolosità, tipo di reato, tempo trascorso e pena residua. Qui, nonostante i precedenti, il comportamento in carcere è stato corretto. Ed è bastato, stavolta, per tornare a casa.

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