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Il caso mediatico
06 Settembre 2025 - 06:30
L’Invincibile Armada del 1585 almeno aveva una dignità estetica: galeoni, vele spiegate, la nebbia sull’oceano. Quella del 2025 invece somiglia a una gita scolastica con i panini nello zaino e le GoPro pronte a documentare l’eroismo: una manciata di propal imbarcati in direzione Gaza con la scusa degli aiuti umanitari, cioè con la stessa credibilità con cui la Spagna pretendeva di esportare cattolicesimo a cannonate e sconfiggere l’Inghilterra.
Ci sono politici che fino a ieri discutevano se il croissant vegano al bar fosse una microaggressione coloniale, oggi si arruolano in questa crociata marina. Gli stessi che, alla Mostra del Cinema di Venezia, sfilavano con la kefiah ben stirata e il passo da red carpet, convinti che una passerella equivalga a un assedio. Il cinema come trincea, la laguna come porto d’armi.
La sinistra, che ha ormai beatificato l’eroina di turno (oggi tocca a Francesca Albanese: prima era qualche presunta diva minore, adesso una novella pseudo Giovanna d’Arco col megafono), pretende addirittura che il governo provveda a scortarli, magari inviando la Marina Militare. Loro, che fino a ieri volevano smantellare ogni nave da guerra perché simbolo del patriarcato militarista, ora sognano la portaerei come Uber Black.
E naturalmente: nessuno che nomini Hamas. Dimenticata la strage del 7 ottobre, rimossa come una figurina brutta dal mazzo. Perché guasta la narrativa del “popolo oppresso” a cui si deve solidarietà illimitata. E allora giù a ripetere slogan come catechismi invertiti: Israele diventa il boia, Hamas “resistenza”, l’Iran un generoso sponsor, gli Houthi degli hippy con i droni. La nuova lingua della Shoah: parole usate al contrario senza vergogna, la Storia riscritta come un comunicato stampa.
Intanto c’è chi, come Rocco Tanica delle Storie Tese, paga ritorsioni non solo mediatiche per aver osato non inginocchiarsi al dogma. Perché oggi basta una parola stonata — un “però” nel mezzo di un discorso — e sei già fuori dalla cerchia degli eletti, scomunicato come eretico.
Il risultato è un’armata tragicomica: non più galeoni, ma barchette e gommoni con i loghi delle ONG e politici in giacca di lino che giocano a fare i pirati dell’umanitarismo. Si parte per Gaza come si va a Ibiza: valigia leggera, molto spettacolo, zero conseguenze personali (perché alla fine, se Israele li rimanda indietro, torneranno a casa col certificato di martirio, pronti a raccontarlo in tv con la stessa enfasi con cui altri ricordano un reality). La verità, come sempre, è che questa scalcagnata Armada non vuole salvare nessuno: vuole salvare l’immagine. E se nel 1585 gli spagnoli avevano Dio come alleato, nel 2025 i nostri eroi hanno Instagram.
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