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Il caso

Linnea, 11 anni, uccisa a casa dal suo padrone “animalista”

L'uomo è il primo torinese indagato per uccisione di animale. Rischia il carcere e non solo

Linnea, 11 anni, uccisa a casa dal suo padrone “animalista”

Si chiamava Linnea, aveva undici anni, gli occhi scuri e il tartufo nero. Da tempo la dolce cagnolona soffriva di demenza senile.
È morta, ammazzata a martellate, il corpo trovato sul letto di casa, in un appartamento al primo piano di via Sospello 147, a Torino. Il suo corpo è stato ritrovato giorni fa, il 27 di agosto, dopo la segnalazione dei vicini, allarmati dal forte odore che proveniva dall’interno.
Per la sua morte è indagato R.O., sessant’anni, il proprietario e inquilino legittimo dell’appartamento dove è stata trovata Linnea. L’uomo — che al momento non ha rilasciato dichiarazioni nè direttammente e nemmeno tramite il suo avvocato — è, di fatto, il primo torinese iscritto nel registro degli indagati per uccisione di animale, dopo l’entrata in vigore della cosiddetta legge Brambilla, operativa dal primo luglio. La norma ha inasprito le pene per i reati contro gli animali, riconoscendoli come esseri senzienti e soggetti giuridici titolari di diritti. Per chi uccide un animale, la legge adesso prevede infatti la reclusione da sei mesi a tre anni, e multe da 5.000 a 30.000 euro. E c’è di più. Le pene aumentano in caso di sevizie o sofferenze prolungate: fino a quattro anni di carcere e 60.000 euro di sanzione.


Dalle prime ricostruzioni, emerge che R.O. aveva alle spalle precedenti penali per violenza domestica, ed era stato detenuto in un carcere lombardo. In passato aveva cercato contatti con associazioni animaliste, ma era stato allontanato proprio da queste per comportamenti aggressivi e problemi legati all’alcol.
Negli ultimi tempi R.O. si era avvicinato al movimento CentopercentoAnimalisti: sul suo profilo Facebook compaiono post datati, tra cui uno del 26 agosto in cui interagisce con il leader del gruppo. Secondo gli inquirenti, Linnea era già morta da circa una settimana.


Nel palazzo, l’odore è rimasto. Tanto che, a quattordici giorni dal ritrovamento, il portone del palazzo resta aperto giorno e notte, nella speranza in cui quella puzza di morte possa disperdersi. R.O., disoccupato, divideva il suo tempo tra quella casa di via Sospello e l’abitazione della madre, ricoverata in una Rsa. Dopo aver ucciso Linnea, pare si fosse trasferito proprio nella casa della madre. Linnea che aveva vissuto con lui per dieci anni. Adottata quando aveva un anno, non era l’unico cane che possedeva l’uomo: sempre suo, un altro cane, un in crocio di taglia grande, che al momento è al canile di Cavour, e un altro cane ancora, ufficialmente di proprietà di sua madre, adesso affidato a un altro canile. L’avvocata Francesca Mandarini, in rappresentanza di Lav, ha annunciato che l’associazione si costituirà parte civile nel processo. «Restare indifferenti non è possibile» afferma Piera Rosati, presidente di Lndc Animal Protection. Rosati «Linnea è stata privata non solo della sua vita, ma anche della dignità». Anche lei e la sua associazione si costituiranno parte civile.

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