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Ci sono dei trucchetti che gli ospedali usano per falsare le liste d'attesa

Il ministro della Salute ha scritto due volte alle Regioni chiedendo una gestione più trasparente: “Troppi espedienti per nascondere i ritardi”

Ci sono dei trucchetti che gli ospedali usano per falsare le liste d'attesa

Negli ultimi dodici mesi il ministero della Salute ha inviato due lettere alle Regioni per sollecitare una gestione più efficiente e trasparente delle liste d’attesa per esami e visite mediche. In entrambi i casi il ministro Orazio Schillaci ha denunciato la presenza di troppe “situazioni indegne”, riferendosi agli espedienti utilizzati per mascherare i ritardi e l’indisponibilità delle prestazioni sanitarie. Nonostante le continue segnalazioni di cittadini e pazienti sulle attese eccessive, i dati ufficiali trasmessi dalle Regioni spesso non riflettono la reale entità del problema. Questo perché sono state messe in atto diverse strategie per falsare i dati, soprattutto nel momento della prenotazione.

Quando un medico prescrive una visita o un esame, inserisce una classe di priorità sulla ricetta:

  • U (urgente): entro 72 ore
  • B (breve): entro 10 giorni
  • D (differibile): entro 30 giorni
  • P (programmata): entro 120 giorni

Tuttavia, in molti casi questi tempi non vengono rispettati. Alcuni pazienti devono aspettare mesi, talvolta oltre un anno.
Uno degli espedienti più diffusi è il cosiddetto “blocco delle agende”: i sistemi di prenotazione, sia online che telefonici, non mostrano alcuna disponibilità, neanche per date lontane. È una pratica vietata dalla legge, che prevede invece l’obbligo di offrire comunque un appuntamento, anche ricorrendo a strutture private convenzionate. Le cause del blocco sono diverse: carenza di personale, scarsa organizzazione, medici che non rendono disponibili le proprie agende, e dirigenti che non effettuano controlli adeguati.

Un altro trucco consiste nel rimandare la prenotazione, chiedendo al paziente di richiamare più avanti. Questo sposta in avanti anche la data ufficiale di inizio attesa, falsando i dati. La stessa dinamica avviene spesso anche agli sportelli fisici, dove gli operatori dicono che non ci sono posti disponibili e invitano a tornare.
Uno studio del 2023 di AGENAS, in collaborazione con la fondazione The Bridge, ha evidenziato gli effetti di queste pratiche. Solo il 18% delle persone con ricette urgenti (U) prenota entro due giorni dalla prescrizione. Addirittura, l’80% lo fa oltre i tre giorni previsti. Lo stesso vale per circa il 40% dei casi con priorità breve (B). È improbabile che tutti stiano trascurando la propria salute: i numeri indicano chiaramente un problema sistemico legato alle prenotazioni rinviate.
Le conseguenze sono evidentemente gravi: molti cittadini sono costretti a rivolgersi al privato, dove i tempi sono più brevi e l’organizzazione più flessibile, e chi non può permettersi le cure private rinuncia a curarsi.

Nel 2024, quasi 6 milioni di persone in Italia – circa il 10% della popolazione – hanno rinunciato a visite ed esami per via dei costi o dei tempi troppo lunghi. La situazione è in peggioramento: nel 2023 la quota era al 7,5%, nel 2024 è salita al 9,9%. Avere dati affidabili è fondamentale: solo così il ministero può intervenire. A giugno 2024, dopo mesi di scontri, il governo e le Regioni hanno raggiunto un accordo sulla gestione delle liste d’attesa. Tra i punti più discussi c’erano i “poteri sostitutivi”, ovvero una forma di commissariamento che il ministero intende esercitare in caso di inadempienza da parte delle Regioni.

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