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Lo studio

Barriera di Milano oltre la cronaca nera: musica trap e cultura rigenerano la periferia

Ricerca del professor Carlo Salone analizza trasformazione culturale di Barriera di Milano. Focus su iniziative dal basso, place-making e fenomeno trap come linguaggio identitario delle seconde generazioni

Barriera di Milano oltre la cronaca nera: musica trap e cultura rigenerano la periferia

Un tempo cuore industriale di Torino, oggi Barriera di Milano si racconta attraverso linguaggi nuovi che stanno trasformando la periferia in un laboratorio di comunità e innovazione sociale. La ricerca coordinata dal professor Carlo Salone del Dipartimento interateneo Scienze, Progetto e Politiche del Territorio restituisce un volto inedito del quartiere, dove musica, arte ed esperienze collettive ridefiniscono identità e dinamiche urbane.

DAL DEGRADO ALLA RINASCITA CULTURALE
Dopo la crisi immobiliare del 2008, nell'area sono nate numerose iniziative capaci di rigenerare spazi dismessi e rinnovare l'immagine del quartiere. Lo studio, che coinvolge anche Sara Bonini Baraldi e Giangavino Pazzola del DIST, analizza come le produzioni culturali locali stiano contribuendo a trasformare il tessuto sociale e urbano della zona.

Realtà come Bagni Via Agliè, Bunker, Spazio 211 e Museo Ettore Fico condividono caratteristiche comuni: nascono dal basso senza forti spinte istituzionali, si mantengono attraverso modelli di imprenditorialità non-profit e contribuiscono a rafforzare il senso di comunità generando nuove forme di cittadinanza attiva.

Si tratta di un esempio concreto di place-making, la capacità di trasformare un luogo in uno spazio riconosciuto e condiviso, dove la cultura non produce soltanto eventi ma legami sociali e identità collettiva.

LA TRAP COME LINGUAGGIO IDENTITARIO
Accanto a queste esperienze artistiche e associative, un ruolo sempre più centrale è assunto dalla musica. La ricerca, ampliata dal professor Salone insieme al dottorando Federico Panzuto, si concentra in particolare sul fenomeno della trap a Barriera di Milano, diventata negli ultimi anni punto di riferimento per i più giovani.

Quella che alla fine degli anni Ottanta era la colonna sonora dei ghetti afroamericani oggi è diventata un linguaggio universale della cultura urbana globale. A Barriera di Milano, la trap rappresenta molto più che semplice musica: è un linguaggio identitario che dà voce soprattutto alle seconde generazioni di immigrati.

«Un punto centrale della poetica della trap è l'intreccio indissolubile tra l'appartenenza a una "zona" – nel caso torinese, Barriera di Milano – dunque la sua natura 'iperlocale', e le sue connessioni con mondi, codici espressivi, immaginari spaziali e rituali collettivi che risuonano in contesti urbani solo apparentemente lontani: Marsiglia, Parigi, Londra» spiega il professor Salone.

Nei testi emergono storie di esclusione, stigma e discriminazioni, ma anche orgoglio, appartenenza e desiderio di riscatto. Spesso scritti in un ibrido di italiano, francese e arabo, questi brani testimoniano un immaginario che dialoga con le banlieue francesi e le tensioni sociali delle periferie europee.

Espressioni come "Torino est magique" o "Corso Giulio c'est la haine" dimostrano come il linguaggio musicale locale si nutra di influenze globali creando connessioni tra realtà urbane apparentemente distanti. «Lo si coglie sul piano linguistico: nei testi l'arabo si mescola con l'italiano, con il verlan delle banlieue francesi, talvolta addirittura con lo spagnolo. Si tratta di un pastiche linguistico che, insieme al ritmo poetico, rende questa produzione musicale particolarmente originale ed efficace», precisa Salone.

RESISTENZA CULTURALE CONTRO LA SEGREGAZIONE URBANA
La ricerca evidenzia come queste pratiche culturali incarnino il concetto di embeddedness (radicamento): profondamente legate al contesto locale segnato da deindustrializzazione, precarietà e multiculturalismo, si nutrono al tempo stesso di linguaggi e influenze globali del rap e della trap internazionale.

«In una città che si fa sempre più diseguale in termini di opportunità e nel regolare l'accesso agli spazi urbani, come evidenziato dalla recente istituzione delle "zone rosse", la musica trap emerge come forma di sottrazione e di contestazione a tali logiche segregative», spiega il ricercatore Federico Panzuto.

La trap di Barriera, prodotta in gran parte da musicisti non professionisti e diffusa tramite piattaforme digitali, emerge come forma di resistenza culturale: un modo per affermare "noi ci siamo", per rivendicare visibilità e dignità in una città che spesso guarda a queste aree soltanto attraverso la lente della cronaca nera.

«Una pratica di rivendicazione spaziale sia in termini materiali che immateriali, che prende forma e si radica in quegli spazi urbani dove i processi di marginalizzazione ed impoverimento sono maggiormente evidenti», conclude Panzuto, delineando un quadro in cui la cultura diventa strumento di riscatto e trasformazione sociale.

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