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LA STORIA
25 Settembre 2025 - 04:55
Un anno e cinque mesi, pena sospesa. Assolto da tutto, tranne che dall’estorsione: quella di un figlio verso i suoi stessi genitori, stretti tra la paura e il dolore. È questa la sentenza pronunciata ieri dalla giudice del tribunale di Torino nei confronti di Marius, 23 anni, accusato di estorsione, maltrattamenti, rapina continuata. Ma anche di essere – in fondo – “solo” un ragazzo borderline, tossicodipendente, smarrito. Un figlio. C’è voluto un processo per ricomporre, almeno su carta, gli anni di sbandamento di Marius, adottato da piccolo in Slovacchia, cresciuto a Carignano, provincia torinese, in una famiglia che lo ha accolto, cresciuto, e che a un certo punto non ha saputo più come aiutarlo.Aveva cominciato presto a spezzarsi, Marius. Prima la balbuzie, poi le difficoltà a scuola, infine la diagnosi: un disturbo di apprendimento, ma anche qualcosa di più. Una fragilità che diventa un baratro quando, nel 2023, perde l’equilibrio: la rottura con una ragazza di cui era innamorato lo trascina nel vuoto della droga, dell’alcol, della cocaina. Crack, notti insonni, e la necessità continua di soldi per farsi. È in quel momento che la casa di famiglia diventa un campo di battaglia. I genitori provano a proteggerlo, ma finiscono per doverlo temere. Marius chiede denaro con insistenza, poi con rabbia, fino a spaccare oggetti in casa, urlare, minacciare. La madre e il padre chiamano i carabinieri quattro volte in pochi giorni. Ma solo alla quarta telefonata trovano il coraggio di sporgere denuncia. «Mi sentivo incompreso. Loro cercavano di aiutarmi, ma nel modo sbagliato», dirà più tardi il ragazzo.
Non è un criminale, Marius. Non ha precedenti. Ma secondo la Procura il comportamento era grave: la pm aveva chiesto 3 anni e 4 mesi. La difesa, affidata all’avvocato Andrea Cagliero, ha invece ottenuto il riconoscimento della semi-infermità mentale: quando Marius chiedeva soldi con insistenza, e con metodi violenti, non era del tutto capace di intendere. Non sapeva, pienamente, che stava commettendo reati. E soprattutto ha iniziato da solo il suo percorso di uscita: è entrato in comunità, ci sta ancora. Ha smesso con le sostanze. Prova a rimettere insieme i pezzi. La giudice lo ha riconosciuto. Ha revocato anche la misura di sicurezza che lo obbligava a stare lontano dalla sua famiglia. «Quando se la sentirà, alla fine del percorso, cercherà di ricucire un rapporto sano con la madre e il padre», spiega il legale. «Non so ancora se faremo appello, o se ci fermeremo qui. Gli ultimi mesi sono stati molto stressanti per lui». Ora non resta che il silenzio. E il tempo. Quel tempo che serve per guarire, ma anche per essere perdonati.
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