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Il caso

Minacce a Simona Ventura: individuato lo stalker, è un torinese con disturbi psichiatrici

Vive con i genitori, anziani e malati. Non lavora, non è seguito in modo continuativo dai servizi, e ha ammesso di assumere farmaci «senza regolarità»

Minacce a Simona Ventura: individuato lo stalker, è un torinese con disturbi psichiatrici

Minacce ossessive, messaggi vocali con frasi come «La voglio morta», accuse deliranti di satanismo e persecuzioni iniziate tre anni fa. È il quadro ricostruito dalla trasmissione Le Iene andata in onda domenica 28 settembre su Italia 1, che ha portato alla luce il caso di Simona Ventura, conduttrice televisiva e giornalista originaria di Chivasso, bersaglio di uno stalker da anni. L’uomo è stato identificato: ha 48 anni, vive a Torino, ha alle spalle problemi psichiatrici certificati, con cinque ricoveri e trattamenti sanitari obbligatori. Vive con i genitori, anziani e malati. Non lavora, non è seguito in modo continuativo dai servizi, e ha ammesso di assumere farmaci «senza regolarità». Le minacce, iniziate via Instagram, si sono fatte più insistenti e violente negli ultimi dieci giorni. Alcune delle frasi, registrate e mandate in onda, includono insulti e riferimenti a sette sataniche e omicidi: contenuti chiaramente deliranti, secondo quanto spiegato nel servizio di Giulio Golia. Il compagno di Ventura, il giornalista Giovanni Terzi, ha spiegato che la prima denuncia per stalking risale a oltre un anno fa. Il caso sembrava chiuso, ma le minacce sono riprese, portando la coppia a rivolgersi nuovamente alle autorità. L’uomo è stato intervistato in video: ha negato di voler fare del male alla conduttrice, ma ha parlato di una «psicosetta», di presunti abusi subiti a Venezia nel 1998 da parte di Ventura e Victoria Cabello – accuse infondate, già smentite e prive di riscontri. La famiglia dello stalker, tramite persone vicine, ha denunciato la mancanza di supporto da parte del sistema sanitari: «È da 25 anni che chiediamo aiuto, nessuno ci ascolta». Il padre, pensionato, continua a lavorare per sostenere il figlio; la madre è gravemente malata. Ventura, a fine servizio, ha ribadito la necessità di denunciare e non restare in silenzio: «Questo caso può aiutare tante donne perseguitate, che hanno paura di parlare. Serve protezione, ma anche una presa in carico vera per chi è malato e rifiuta le cure».

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