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Il caso
02 Ottobre 2025 - 04:30
Voleva che nel palazzo in cui vive con la sua famiglia ci fosse ordine. Che le regole fossero rispettate, e che chi abitava nelle case popolari assegnate da Atc seguisse le procedure previste. Ma da quella scelta di segnalare, controllare, chiedere trasparenza, è scaturito un processo. E ora è a processo, imputato per stalking. Lui, un uomo di 60 anni, incensurato, padre di famiglia, abita da tempo in un piccolo condominio Atc a Torino. Dodici appartamenti in tutto. Un contesto popolare ma ben tenuto. Dove ci si conosce, almeno di vista. Dove, fino a qualche anno fa, la convivenza era considerata tranquilla.La frattura arriva nel 2021, all’indomani della pandemia. È allora che l’uomo inizia a notare qualcosa che non torna. Secondo lui, in alcuni appartamenti del palazzo vivono più persone rispetto a quelle autorizzate. Inizia a raccogliere informazioni, a segnalare, a chiedere spiegazioni. Il primo caso che lo insospettisce riguarda un alloggio occupato da una donna, che nel frattempo ha accolto in casa un uomo: il compagno. ma non è l’unico fatto. Anche un altro condomino avrebbe ospitato la fidanzata, senza dichiararlo ad Atc. E altri inquilini avrebbero fatto lo stesso: nuovi ingressi, non formalizzati. L’uomo, allora, richiama le regole.
Cita il regolamento Atc, secondo cui chi vuole ospitare una persona deve presentare richiesta preventiva di ospitalità temporanea. Non si tratta solo di burocrazia: il regolamento, basato su un decreto ministeriale del 1975, stabilisce anche il numero massimo di abitanti per ogni alloggio, in relazione alla metratura. Se si supera la soglia, la richiesta non può essere accolta. Una questione che riguarda sicurezza, igiene, spazi vitali. E spese comuni, quelle del condominio, come quelle idriche.
Lui, però, viene visto da alcuni vicini come un “controllore ossessivo”. Gli attriti diventano più frequenti. Si discute, ci si scontra. Anche in orari serali. Il clima è teso. E a un certo punto, scatta la denuncia. L’uomo viene accusato di stalking: secondo l’accusa, avrebbe reso la vita difficile ad alcuni condomini, con atteggiamenti invadenti e insistenti. Il caso finisce in tribunale. Il pubblico ministero ha chiesto una condanna a un anno e tre mesi di reclusione. La difesa, affidata all’avvocato Marta Bono, chiede l’assoluzione piena. «Il fatto non sussiste», ha detto in aula. L’imputato non ha precedenti penali. Dice di aver agito per senso civico, per tutelare il rispetto delle regole in un contesto abitativo pubblico, dove la convivenza si basa anche sull’equilibrio tra diritti e doveri.
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