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Il caso

Ivrea, a processo per aver denunciato un parente scomparso: erano in quarantena da Covid

La difesa insiste sulla buona fede e sulla confusione normativa che in quei mesi lasciava spazio a interpretazioni diverse

Ivrea, a processo per aver denunciato un parente scomparso: erano in quarantena da Covid

Nel dicembre 2021, quando l’Italia si muoveva ancora tra tamponi, quarantene e ordinanze sanitarie via mail, presentarsi in caserma poteva non essere un gesto banale. Per Proto Alfonso, 68 anni, e sua moglie Camera Rosa, 66, entrambi di Bollengo, è diventato un capo d’imputazione. Oggi sono a processo a Ivrea per violazione dell’isolamento da Covid, davanti alla giudice Maria Claudia Colangelo. Il fatto è di quelli che riaprono una stagione di confusione normativa e controlli incrociati. Il 20 dicembre 2021 i due si presentano ai carabinieri di Ivrea-Banchette per denunciare la scomparsa del fratello di lei, sparito da Amalfi. La denuncia attiva subito la macchina delle ricerche. Ma poco dopo arriva la verifica dell’Asl: i coniugi risultano positivi al Covid e sottoposti a isolamento domiciliare da un’ordinanza inviata il 9 dicembre, con scadenza fissata solo dopo tampone negativo. E quel tampone, secondo il laboratorio dell’ospedale di Biella, risulta effettuato proprio il 20 dicembre, in un orario che nei sistemi informatici appare come mezzanotte, segno della mole di test di quei giorni. L’Asl TO4 – per voce del direttore di Igiene pubblica, Franco Valtorta, sentito in aula – ha chiarito che l’uscita dall’isolamento fu formalizzata il 30 dicembre, dieci giorni dopo. I due imputati si difendono. In aula, Alfonso racconta di aver atteso il 20 su indicazione del medico di base. Sottolinea di essere asintomatico e di non aver ricevuto comunicazioni “ufficiali e comprensibili” da parte dell’Asl. Spiega anche che i carabinieri di Amalfi rifiutarono una denuncia telefonica e che, con la madre dell’uomo scomparso sola a casa, «non si poteva aspettare oltre». Ma per l’accusa, rappresentata in aula anche attraverso le testimonianze dei militari e dei medici, le regole erano chiare: l’isolamento finiva con la negatività, e quella comunicazione era arrivata solo via mail il 9 dicembre. La difesa, affidata all’avvocata Patrizia Mussano, insiste sulla buona fede e sulla confusione normativa che in quei mesi lasciava spazio a interpretazioni diverse, anche tra medici di base, uffici Asl e cittadini.

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