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Il caso
09 Ottobre 2025 - 14:21
Non era la prima volta che assaggiava quei funghi sott’olio, preparati come sempre dai parenti in Calabria. Una tradizione di famiglia, senza etichette né scadenze. Ma a settembre, dopo il rientro dalle vacanze, il sapore noto è diventato un pericolo invisibile: botulino. A salvarlo, all’ospedale Martini di Torino, è stata una corsa contro il tempo, condotta tra un sospetto clinico, un antidoto non semplice da reperire, e l’allerta nazionale scattata dopo che quelle stesse conserve erano finite in diverse regioni italiane. L’uomo, sulla quarantina, si era presentato al pronto soccorso con sintomi che lasciavano poco spazio ai dubbi: visione doppia, vomito, difficoltà a deglutire, secchezza delle fauci. Segni compatibili con l’intossicazione da tossina botulinica, rara ma potenzialmente letale. I medici hanno subito attivato il protocollo salvavita. Dopo il trasferimento in rianimazione, sono stati inviati campioni biologici all’Istituto zooprofilattico di Torino per le analisi, mentre da Pavia veniva allertato il Centro antiveleni, l’unico in grado di fornire l’antidoto specifico. La somministrazione è avvenuta in tempi utili. E ha funzionato. Il paziente, dopo alcune settimane in ospedale, è stato dimesso all’inizio di ottobre. Ma la sua è una delle poche storie con un esito positivo: durante l’estate, in Italia, il botulino ha già causato quattro decessi. Nel frattempo il Servizio di igiene e sanità pubblica (Sisp) dell’Asl Torino ha avviato una tracciatura su larga scala: alcune confezioni della stessa conserva sarebbero state distribuite ad altri familiari in vacanza, ora rientrati nelle rispettive regioni. Da qui l’allarme a livello nazionale, con l’invito esplicito a non consumare i prodotti fatti in casa senza adeguate garanzie igieniche.
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