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Il fatto
30 Ottobre 2025 - 21:40
 
									La procura di Torino ha chiesto la condanna di tre lavoratori dell’Anas per la morte di Ezio Cauda, 56 anni, tassista e musicista di Borgaro Torinese. L’accusa è di omicidio stradale colposo. Due anni di carcere per il capo del centro di manutenzione, un anno e quattro mesi per il capo cantoniere e per il capo nucleo.
La tragedia risale all’agosto del 2022, lungo la strada del Traforo a Pino Torinese. Quella notte pioveva, il vento era forte. Cauda stava accompagnando una cliente da Torino a Castelnuovo Don Bosco quando un pioppo si è abbattuto sulla sua auto, schiacciandola. La passeggera si è salvata. Lui è morto sul colpo. Nel processo erano imputate cinque persone, difese dagli avvocati Enrico Girardi, Maria Grazia Pellerino, Giulio Calosso, Matteo Bonatti e Paolo Ciccarelli.
Oltre ai tre dipendenti Anas, ci sono anche le due proprie tarie del terreno da cui è caduto l’albero. Per loro la sostituta procuratrice Patrizia Gambardella ha chiesto l’assoluzione. Secondo la ricostruzione dell’accusa, i tecnici avrebbero dovuto intervenire prima. L’albero, da tempo, era inclinato e pericolante. «Non furono adottate le cautele necessarie a prevenirne la caduta», scrivono gli inquirenti.
La Procura ha documentato come nei mesi precedenti si fossero già verificati altri crolli di alberi nello stesso tratto di strada, episodi di cui l’Anas era a conoscenza. 
Dopo la tragedia, quella via è stata chiusa più volte per consentire il taglio di porzioni di bosco.
Ezio Cauda non era solo un tassista. Era un chitarrista appassionato, conosciuto nell’ambiente musicale torinese. Ai funerali, il 13 agosto 2022, amici e colleghi lo hanno ricordato come una persona «pacata, discreta e umile».
«Non era mai fuori sincrono — raccontava il musicista Samuel De Luca — anche nella vita aveva un tempo perfetto, quello della gentilezza».
Un collega tassista ha scritto, parlando di Ezio: «Eri una persona di una bontà assurda, sempre con la famiglia al primo posto. La corsa non finirà mai, non è un addio ma un arrivederci».
E ancora, un’amica: «Voglio ricordarti così, con la tua chitarra in mano, facendo la cosa che ti rendeva felice e che ti riusciva così bene. Ricordo come fosse ieri le risate pazzesche che ci facevamo quando da ragazzino avevi provato a insegnarmi a suonarla e io ero proprio negata».
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