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La famiglia nel bosco

Rigidità educativa e presunta richiesta di 50.000 euro: i bambini della 'famiglia nel bosco' restano in casa-famiglia

Il tribunale per i minorenni dell'Aquila conferma la permanenza dei tre figli in casa-famiglia: i giudici parlano di rigidità educativa e isolamento, i genitori avrebbero chiesto 50.000 euro per figlio acconsentire agli accertamenti medici

Rigidezza educativa e presunta richiesta di 50.000 euro: i bambini della 'famiglia nel bosco' restano in casa-famiglia

Il Tribunale per i minorenni dell'Aquila ha confermato la permanenza dei tre bambini della cosiddetta "famiglia nel bosco" all'interno di una casa-famiglia. La decisione non scaturisce solo dalle condizioni di isolamento nel casolare di Palmoli, ma soprattutto da quella che i giudici definiscono una "notevole rigidità educativa" dei genitori, giudicata attualmente incompatibile con il percorso intrapreso con i servizi sociali.

Secondo l’ordinanza, il problema principale risiederebbe nell'atteggiamento della madre, l'australiana Catherine Birmingham, 46 anni, e del marito britannico Nathan Trevallion, 51 anni. Alla coppia viene contestata una scarsa flessibilità e una diffidenza sistematica verso i servizi sociali, negli atti si legge che la madre avrebbe tentato di imporre ai figli, anche all'interno della struttura ospitante, la routine adottata nel bosco come la sveglia all'alba e il riposo entro le 18.

I giudici hanno inoltre sottolineato una richiesta che ha destato scalpore: i genitori avrebbero preteso un compenso di 50.000 euro per figlio come condizione per acconsentire agli accertamenti medici e agli esami ematochimici sui minori.

Il Tribunale ha stabilito che nessun ricongiungimento sarà possibile senza una valutazione tecnica. È stata quindi disposta una perizia psico-diagnostica e personologica affidata alla consulente Simona Ceccoli. L'indagine, della durata di quattro mesi, dovrà chiarire le competenze genitoriali della coppia e la loro capacità negoziale con le istituzioni e lo stato emotivo dei bambini così da valutare l'impatto che il loro stile di vita, definito isolato, ha avuto sul loro sviluppo.

Gli avvocati della coppia, Danila Solinas e Marco Femminella, respingono fermamente il quadro dipinto dall'accusa. La difesa sostiene di aver depositato documentazione fotografica e prove che dimostrerebbero come i bambini non fossero affatto isolati, ma avessero regolari contatti sociali e momenti ricreativi con i propri coetanei.

I legali confidano che la rivalutazione del caso avvenga in tempi rapidi, contestando l'ordinanza attuale e puntando alla dimostrazione che lo stile di vita scelto dai genitori non costituisca un pregiudizio per il benessere dei minori.

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