In concomitanza con la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, ha preso il via a Torino la raccolta firme promossa dal “Comitato 10 Febbraio” per chiedere l’intitolazione di una targa a Norma Cossetto, giovane studentessa istriana violentata e gettata in una foiba dai partigianijugoslavi nel 1943. Per firmare si potrà contattare gli organizzatori (WhatsApp 3287336849) o recarsi ogni sera dalle 21 in poi, presso il circolo “Asso di Bastoni” in via Cellini 22. «Crediamo che l’intitolazione di una targa in un luogo pubblico a Norma Cossetto sarebbe uno splendido segnale di vicinanza del Comune di Torino alla comunità degli Esuli giuliano-dalmati», ha commentato Matteo Rossino, del “Comitato 10 Febbraio”. «Il martirio di Norma - ha aggiunto -è diventato un simbolo delle sofferenze patite da quelle genti. Sofferenze che solo in tempi recenti hanno trovato il giusto riconoscimento dalle Autorità nazionali. Culminato con l’istituzione del “Giorno del Ricordo”». Per Rossino vi è poi un ulteriore significato, non meno importante del precedente, che assume particolare importanza in questo momento storico: «Si è finalmente alzato il velo sul tema delle violenze quotidianamente patite dalle donne, per troppo tempo vittime dei propri carnefici. Ebbene, Norma era un’italiana, un’istriana, ma era anche una giovane donna. Brutalmente violentata e torturata dai suoi aguzzini». Secondo il promotore dell’iniziativa, «il filo rosso-sangue della storia di Norma penso abbia attraversato il tempo. E sia giunto a noi con un messaggio che vale anche e soprattutto per il presente. Nulla può giustificare la violenza contro le donne, nessuno può permettersi di usare violenza contro una donna. Senza se e senza ma». Catturata dai miliziani di Tito il 5 ottobre 1943, Norma Cossetto fu tenuta separata dagli altri prigionieri e sottoposta a sevizie e stupri dai suoi carcerieri, che abusarono di lei mentre veniva tenuta legata su un tavolo. L’episodio della violenza carnale fu poi riferito da una donna che abitava davanti alla scuola dove Norma era tenuta prigioniera, che, attirata da gemiti e lamenti, appena buio osò avvicinarsi alle imposte socchiuse vedendo la ragazza sanguinante, livida e legata al tavolo. La notte successiva, tutti i prigionieri, legati con fili di ferro, furono condotti a forza a piedi fino a Villa Surani. Ancora vivi, furono gettati in una foiba nelle vicinanze. Le tre donne presenti nel gruppo, tra cui Norma, subirono nuovamente violenze sessuali prima di essere gettate a loro volta nella foiba e sepolte vive.
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