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Davide Livermore

«Il senso dell’Orestea per la giustizia»

Il regista torinese torna protagonista dal 28 marzo al 6 aprile al Teatro Carignano con “Agamennone” e “Coefore/Eumenidi”: «Quel che guardiamo ci riguarda»

La scena

La spettacolare scenografia di “Coefore/Eumenidi”

Torna a Torino il grande teatro di Davide Livermore. Dal 28 marzo al 6 aprile al Teatro Carignano debutta la trilogia dell’Orestea di Eschilo, la più cruda e violenta fra le tragedie classiche: rappresentata nel 458 a.c., è l’unica a esserci pervenuta integra. Sviluppata in due spettacoli - “Agamennone” e “Coefore/Eumenidi”- e diretta dal regista torinese di fama internazionale e attualmente direttore del Teatro Nazionale di Genova - è un testo imponente e complesso che fa i conti con la vendetta e la giustizia, con il maschile e il femminile, con la città e lo sfaldamento della società. Racconta il ritorno in patria di Agamennone ucciso poi da Clitemnestra, la moglie; la vendetta matricida del figlio Oreste, la persecuzione delle Erinni fino all’assoluzione da parte di Atena.

«Il nodo dell’Orestea è la parola giustizia - spiega Livermore -, perché quest’onda di dolore e di sangue è esemplare e si può arrestare semplicemente con le leggi e con un tribunale imparziale che è il più straordinario risultato della storia dell’umanità». Con un’ambientazione anni ’30 e il riferimento ai regimi totalitari, Davide Livermore evoca l’immagine di un mondo prossimo al collasso, tra abiti, ora severi ora scintillanti, uniformi simil naziste e citazioni cinematografiche ad hoc. La musica, in parte suonata dal vivo ed elemento fondamentale dello spettacolo, interagisce con le parole del coro e degli attori, mentre due ledwall come due grandi occhi sovrannaturali rimandano immagini di spettri. 

A delimitare la scena, un’enorme parete specchiata, confine tra terra e Ade, ma anche abbraccio per la platea. Il progetto scenico de L’Orestea ha visto la luce a Siracusa nel 2021 per Coefore/ Eumenidi ed è stato completato nel teatro greco l’anno seguente. Livermore, nel suo percorso creativo, ha voluto osservare i corsi e i ricorsi storici: mentre alle porte dell’Europa rimbomba una guerra e viviamo ancora gli strascichi della pandemia, l’Orestea è un invito a stare assieme e a riprendere le maglie della società. Il teatro, insomma, deve porsi l’obiettivo di ricreare la comunità. «Il teatro - va avanti Livermore - è il luogo della massima partecipazione della società civile: in un momento storico come questo in cui non siamo più abituati a essere comunità, la parete specchio che chiude il primo capitolo, fa interagire il pubblico con l’azione scenica, obbligando gli spettatori a prendere posto nella vicenda. In qualche modo vogliamo dire agli spettatori: quel che state guardando ci riguarda, si sta parlando di noi» (biglietti interi 37 euro. Vendita su www.teatrostabiletorino.it).

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