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17 Giugno 2021 - 07:39
Foto di repertorio (Depositphotos)
Che abbiano trovato all’estero condizioni migliori per processi di internazionalizzazione o possano essere più semplicemente fuggite, per ragioni finanziarie o per la convenienza del costo del lavoro, faticano a chiarirselo anche gli esperti. Ma nei calcoli dell’Ires sono almeno 237 le imprese che dal Piemonte sono state attirate fuori dai confini dell’Italia e dell’Europa, fino in Cina o anche negli Stati Uniti, tra il 2012 e il 2018. Delocalizzazioni in senso stretto, con nuovi insediamenti fuori dai confini nazionali o acquisizioni da parte di aziende estere, che sarebbero solo la punta dell’iceberg. Perché la somma non tiene conto della migrazione di alcuni importanti processi produttivi fuori dal Piemonte, per cui una ricerca condotta dalla Cgia di Mestre prima del Covid porterebbe ad almeno 3.244 il totale delle aziende che, in tal senso, hanno consolidato il rapporto con un partner all’estero.
Questo proprio nei sette anni che inquadrano con chiarezza la più recente istantanea messa a disposizione dell’Istituto di Ricerca Economico Sociali prima che a stravolgere l’economia provvedesse il Covid. Tra le ragioni, oltre alla convenienza della manodopera e l’esportazione del “know how” in precisi settori, secondo la richiesta del mercato straniero, la disponibilità risorse naturali, logistiche e energetiche, il consolidamento della presenza sui mercati e l’aumento dell’efficienza attraverso la riorganizzazione di attività su scala sovranazionale, per fattori logistici, monetari, tecnologici e culturali.
Sul fronte degli investimenti diretti all’estero, spesso sul confine della delocalizzazione, quattro anni fa il Piemonte toccava l’8,18% del totale nazionale, con 1.194 aziende partecipate da multinazionali straniere e 119.869 dipendenti, cresciute dal 2012 di circa il 20% al pari del fatturato. I settori con più dipendenti delle imprese all’estero, controllate o partecipate da una sede legale in Piemonte,sono in ordine di incidenza: manufatturiero, automotive, commercio, servizi, metallurgia, enogastronomia, tessile e abbigliamento. E tra queste, una grossa fetta se la ritagliano colossi come Fca e Ferrero, seppur con le dovute proporzioni, dal momento che la prima ne contava almeno 162.479 e la seconda 28.124 nel 2018.
Sebbene a livello internazionale le politiche per il contrasto alla delocalizzazione dell’Italia siano ritenute poco incisive, Torino e il Piemonte non sembrano essere messe così male a confronto di altre realtà nazionali nello scenario ricostruito dall’Ires, che insiste all’opposto sull’importanza di rafforzare le recenti politiche di sostegno alla ricerca industriale che sarebbero risultate particolarmente apprezzate dai grandi gruppi multinazionali già insediati in Piemonte.
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