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10 Luglio 2021 - 07:37
Di fronte alle parole di fuoco con cui l’annuncio della Gigafactory a Termoli è stato chiosato dalle istituzioni di Torino e del Piemonte, ma anche da alcune associazioni di settore e impresa, Guido Crosetto non ci sta. «Tardi per piangere adesso, quando proprio le istituzioni non hanno mai operato alcuna “moral suasion” nei confronti dell’azienda. Un privato che è giusto risponda ai propri azionisti, per carità, ma che negli anni ha portato via un pezzo alla volta» va giù duro il cofondatore e più volte parlamentare di Fratelli d’Italia. A tratti ipocrita, l’afflato con cui a cose fatte si piange la perdita dello stabilimento a Mirafiori. «Non mi stupisco di essere l’unico a farlo, fui il solo anche quando Fca sposto le proprie sedi legali e fiscali all’estero» sottolinea inviperito Crosetto, che in mattinata aveva affidato la sintesi del suo pensiero a un “tweet”. «Molte istituzioni piemontesi piangono per la scelta di Stellantis di continuare a disinvestire da Torino e dal Piemonte - scrive -. Quando per decenni hanno risposto con sorrisi ad ogni schiaffo che veniva dato al territorio da quell’azienda, non pensavano che poi ci prendesse gusto?». Per Crosetto l’atteggiamento è stato «passivo» nei confronti della Fiat, poi Fca e oggi Stellantis. «Tutti danno per scontato che Stellantis possa disinvestire da qui come se nulla fosse collegato nella sua storia al Piemonte e Torino. Prima di diventare “Fiat centrica” Torino, ma anche il Piemonte, era prima nel settore della meccanica, poi ha ceduto questo primato all’Emilia Romagna. Ci siamo in gran parte “sclerotizzati” lavorando solo per la Fiat».
Di diverso calibro ma non meno esplosive le parole dell’arcivescovo Cesare Nosiglia, anche di fronte alla doccia gelata con cui il Mise ha messo fine al progetto Italcomp e lasciando in bilico 397 famiglie di reduci dal fallimento di Embraco. Per Nosiglia «la scelta di Termoli come sede del nuovo impianto di produzione delle batterie elettriche lascia, una volta di più, amarezza e delusione» Peggio ancora dopo il «vistoso e drammatico» caso dell’Embraco. «È il momento di varare una politica industriale chiara, coerente e condivisa per Torino e il Piemonte» attacca Nosiglia, chiedendo che sia il Governo a gestire «il coordinamento dei vari progetti e avere il coraggio di “pensare” in termini di lunga durata». Le istituzioni locali, però, non possono rimanere ferme a guardare, oppure, dividersi. «Se c’è qualcosa che dovremmo aver imparato, in questi lunghi anni di addio alla fabbrica tradizionale è che la città, se è divisa, perde sempre».
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