Cartelli con “affittasi” o “vendesi”, cambi di marca e, nei casi peggiori, serrande giù e basta. Il centro di
Torino certifica, ormai da anni, quello che di fatto è un lungo addio alle insegne storiche, quelle che per i torinesi, ma anche per i turisti, erano un “must”, dov’era quasi obbligatorio passare se ti trovavi nel salotto buono. E invece, prima gli affitti alle stelle, poi la crescita dei centri commerciali e di
Amazon, infine, da un anno e mezzo, l’arrivo del
Covid, hanno contribuito a desertificare il centro città.
Oggi molti negozi storici sono spariti, e allora ecco che la passeggiata si fa malinconica sapendo che, girando quell’angolo, la vecchia bottega non la troveremo più. In
via Lagrange, per decenni abbiamo preso un caffè da
Gertosio, storico bar pasticceria. Un anno fa aveva cambiato proprietario e a fine febbraio ha chiuso per sempre a causa della pandemia. Chi invece aveva già abbassato la serranda ben prima del
Covid era il
Caval ‘d Brons, vero e proprio monumento di
piazza San Carlo e di
Torino in generale. A quei tavoli si erano seduti
Totò, Frank Sinatra, Ingrid Bergman, Ava Gardner e Orson Welles, solo per citare alcuni grandi nomi. Peccato che l’affitto era salito a 25mila euro mensili e così
Vito Strazzella, ultimo titolare, si era arreso nel 2016. Oggi, dove c’era il locale, una società immobiliare affitta gli spazi.
E che dire di
Fogola, libreria che aveva aperto al 15 di
piazza Carlo Felice nel 1931 e per decenni era stata meta culturale dei torinesi, ritrovo di scrittori, artisti di fama e studiosi di ogni disciplina. È chiusa dal 2014 e quel che rimane è una vetrina in ferro e ghisa. Si perché la crisi non risparmia nemmeno la cultura e il libro. Non c’è più nemmeno
Paravia, in
piazza Arbarello angolo
via Bligny. Era la seconda libreria più antica d’
Italia e se n’è andata nel dicembre del 2019. Ultima in ordine di tempo ad abbassare le serrande, appena due settimane fa,
Stampatori, che ha lasciato vuote le sue vetrine di
via Sant’Ottavio, di fronte a
Palazzo Nuovo.
In crisi anche l’abbigliamento. In
piazza Cln, Mondo ha chiuso quest’anno ad aprile, in
via Gramsci 9, due anni fa, aveva salutato
Satù, la boutique di
Alex Del Piero e della moglie
Sonia Amoruso. In
via Corte d’Appello, sempre nel 2019 hanno detto addio i
fratelli Menietti, enologia aperta nel 1911. E poi ci sono quei negozi che hanno aperto al posto di botteghe storiche, garantendo quantomeno un ricambio senza lasciare le serrande giù. È il caso, ad esempio, di
via Po 21, dove c’era il celebre
Videomusic, punto di riferimento per i dischi e gli accessori punk, chiuso nel 2019 dopo 32 anni di attività. Al suo posto ha aperto uno store dell’abbigliamento.
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Sempre in
via Po, vicino al
Teatro Regio, c’era
Augusta, celeberrimo negozio musicale, aperto addirittura nel 1852. Al suo posto c’è l’
Antica Torroneria piemontese, ma dopo la chiusura di
Augusta era arrivato un minimarket etnico. In
piazza San Carlo, nel 2019 lo storico
Olympic ha lasciato il posto, dopo 82 anni, a
Y, altro negozio di abbigliamento. In
via Lagrange, Camicissima ha aperto al posto della storica
Baita del Formagg, chiusa tre anni fa.