Dal centro alla periferia. Passeggiando per le strade di Torino si vedono distese di serrandeabbassate a causa del contagio dilagante. E se nella maggior parte dei casi non si spiega il motivo della chiusura, su qualche saracinesca spuntano anche cartelli con su scritto: «Chiuso per Covid». E’ il caso del cafè Paris in via Garibaldi, angolo piazza Statuto, o di un ristorante in via Fabrizi nel quartiere Parella dove il personale è in quarantena e non c’è nessuno che possa accogliere i clienti. A lanciare l’allarme è anche Confesercenti che attraverso un’indagine ha scoperto che ben un’attività su dieci ha chiuso i battenti per il Covid. «Già oggi - dice Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti - possiamo stimare un 10% di attività temporaneamente chiuse e un altro 30% in affanno». La serrata riguarda soprattutto le piccole e piccolissime attività a conduzione famigliare che non hanno dipendenti: in questo caso, basta che sia colpito o in quarantena il titolare e l’attività si ferma. Ma neppure la presenza dei dipendenti mette al riparo dalle difficoltà: meno personale significa dover riorganizzare e aumentare i turni dei dipendenti che rimangono in servizio, ridurre gli orari, essere costretti a garantire meno servizi alla clientela. Succede anche che a essere infettati siano contemporaneamente il titolare e i dipendenti: in questo caso, il blocco è inevitabile. «Non dimentichiamoci - osserva il presidente di Confesercenti - che non tutte le competenze sono facilmente sostituibili: un cameriere, un pizzaiolo, un addetto di un laboratorio di macelleria, un commesso di un negozio di abbigliamento non si possono improvvisare e il titolare non può seguire tutto». L’associazione commercianti si rivolge pertanto al governo per ottenere una sorta di mutua per il periodo di chiusura forzata, anche perché con la pandemia in rapido avanzamento è facile prevedere che questi numeri nelle prossime settimane si aggraveranno. «Il governo - osserva Banchieri - non ha varato nessun provvedimento di chiusura, ma una parte del commercio rischia un lockdown, di fatto, con quarantene fino a 20 giorni. Ma mentre i dipendenti che non lavorano hanno la normale “copertura malattia” garantita dall’Inps, il titolare che deve bloccare o ridurre l’attività non ha alcuna garanzia dal punto di vista economico. A tutti i danni provocati da quasi due anni di pandemia si aggiunge anche questo: non è dovuto ad alcun provvedimento formale di chiusura, ma deve essere in qualche modo preso in considerazione. Per questo - sottolinea Banchieri - proponiamo l’immediata istituzione di una indennità di chiusura o di ridottaattività basata sulle certificazioni di positività rilasciate in questi casi».
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