Dopo le dichiarazioni dell’amministratore delegato di
Stellantis, che ha anticipato il piano industriale di marzo, le aziende che lavorano nel comparto della componentistica automotive, sopratutto i piccoli fornitori, tremano. Un po’ per il caro energia e materie prime che ha rallentato la produzione e soprattutto per la transazione elettrica in atto, tante aziende hanno già chiuso i battenti perché i costi sono diventati insostenibili. Fanno impressione i numeri del 2021 resi noti dalla
Fiom che parlano di ben 4mila lavoratori nel settore componentistica rimasti a casa e ben 1.700 che lavoravano a
Mirafiori. Quasi 6mila persone che hanno perso il lavoro tra chiusure di stabilimenti ed esuberi. E il timore e che anche quest’anno avvengano altri tagli.
Ipotesi non smentita dallo stesso
Tavares. Una paura che si riscontra anche nel silenzio assordante delle aziende (il 78% lavorano con
Fca) che preferiscono non esporsi. Lo fanno invece le associazioni di categoria. «C’è forte preoccupazione nel settore della componentistica per via del processo di elettrificazione non facile da attuare in tempi brevi e la polarizzazione di
Stellantis che sembra voler privilegiare le aziende francesi a discapito di quelle italiane e piemontesi - spiega il vicepresidente del
Gruppo Componenti Anfia, Marco Rollero -, le nostre aziende sono molto improntate sulla produzione di motori termici, e la nostra filiera si sta muovendo in ritardo sull’elettrico rispetto a quella francese anche perché
Fca si è mossa più tardi rispetto a
Psa.
Le recenti affermazioni di
Tavares ripercorrono argomenti simili, che generarono inquietudine in
Inghilterra quando venne annunciata la fusione con
Opel Vauhxall». I timori riguardano un calo di produzione anche per l’anno corrente. «Quest’anno a livello globale si sono fatti 7 milioni di auto in meno e prevedo un’altra contrazione, non certo i 100 milioni che ci si attendavano dopo il 2019» spiega
Rollero che ci tiene a fare un'altra considerazione: «Produrre meno vetture, anche non elettriche ma di ultima generazione, significa tenere vecchie auto più a lungo e quindi, di fatto, si inquina di più».
C’è molta incertezza e confusione.
Tavares ha detto che i costi di produzione in
Italia sono troppo alti ma ha anche appena annunciato la produzione dei motori
Euro 7 nello stabilimento di
Pratola Serra nel 2023. «Sarebbe bene poter rallentare questo processo di elettrificazione che rischia di far chiudere i battenti ai piccoli imprenditori che si occupano della lavorazione meccanica» sottolinea
Alberto Russo, presidente
Uniontessile-Confapi, che coordina la nuova “filiera della mobilità” che riunisce circa 500 aziende piemontesi, gran parte delle quali operanti. nel settore automotive.
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A tal proposito la
Camera di Commercio di Torino ribadisce la necessità di aiuti al settore da parte del governo: «La componentistica piemontese, con oltre 700 aziende (33,5% del totale nazionale), ha fatturato nel 2020 15,8 miliardi di euro (35,8% del fatturato italiano) continua a rappresentare un comparto chiave per il nostro territorio e per l’
Italia intera, ma siamo chiaramente di fronte a una trasformazione epocale che gli imprenditori non possono affrontare da soli, soprattutto in
Piemonte dove sono a rischio migliaia di posti di lavoro - spiega il presidente,
Dario Gallina -. È quindi necessario che il settore auto sia collocato tra le priorità dell’agenda politica nazionale per accompagnare le nostre aziende verso le trasformazioni più urgenti imposte da transizione ecologica, elettrificazione e automazione. È inoltre auspicabile anche a livello di territorio una visione comune e l’accelerazione dei progetti in corso per supportare le pmi della filiera, per esempio i bandi per ottenere i fondi dell’area di crisi complessa».