Italvolt ha tradito il Canavese: l’ex Olivetti è terra di nessuno
16 Marzo 2023 - 09:13
Lars Carlstrom è solo l’ultimo dei «cavalieri bianchi» (o neri) che sono comparsi e poi scomparsi nella «silicon valley» del Canavese. Dopo aver promesso una gigafactory da 3,5 miliardi di euro nell’ex Olivetti di Scarmagno, l’imprenditore svedese, dopo mesi di silenzio, lo si è rivisto molto distante dalle terre dell’Erbaluce, a Termini Imerese, in Sicilia. E lì ha rinnovato la stessa promessa, cancellando con un colpo di spugna tutto ciò che era avvenuto negli ultimi due anni, dai progetti alle illusioni. Stupefatti, incapaci di commentare, «perché senza parole», tutti coloro che fino a qualche settimana fa avevano posto nell’aitante manager svedese le speranze per un rilancio strutturale e occupazionale di tutta l’area. I sindaci della zona sono sempre stati al suo fianco e ora non hanno più fiato per commentare («Mi dispiace, sono costernato», dice Adriano Grassino, primo cittadino di Scamagno); silenzio imbarazzato anche in corso Costantino Nigra, sede di Confindustria Canavese dove gli ultimi due presidenti, Patrizia Paglia prima, e Paolo Conta dopo, per Carlstrom si erano spesi facilitandogli incontri, relazioni e accordi. Lui, invece, non è andato oltre un rendering di quello Italvolt avrebbe dovuto essere e poi non è stata. Infine, ha acquistato un biglietto aereo per Palermo e si è recato lì per «vendere il suo prodotto», senza neppure dire «buongiorno o buonasera». La rottura, spiegano fonti vicine a Confindustria, sarebbe avvenuta nelle scorse settimane durante il negoziato con Prelios Sgr, proprietaria dell’immobile ex Olivetti di Scarmagno che per la vendita dell’area pretendeva un prezzo che Carlstrom non era disposto a pagare, considerando la sua iniziativa un veicolo di rivalutazione e di ricchezza per l’intero territorio e questo «Prelios lo avrebbe dovuto capire abbassando le pretese, fino quasi ad azzerarle», spiegano dall’entourage del manager scandinavo. Se il Canavese ha perso un’occasione (e in questo caso Prelios avrebbe delle responsabilità) o se l’imprenditore svedese ha tirato troppo la corda, volendo portare acqua solo al suo mulino (in tal senso le colpe saranno tutte sue), lo si capirà solo se e quando il progetto Italvolt si realizzerà, comunque molto lontano da Scarmagno. Carlstrom, dunque, è solo l’ultimo del «cavalieri bianchi», dei «capitan d’industria» che hanno tentato, a torto o a ragione», di inserirsi nella scia dell’impresa d’eccellenza, quella creata e mai più rinata di Adriano Olivetti. A partire da Carlo De Benedetti che, dopo alterne fortune, si era ritirato in buon ordine, lasciando che gli sciacalli si cibassero della poca carne rimasta appiccicata alle ossa della carcassa di una bestia morta da tempo. Si sono succeduti manager e imprenditori, altri «cavalieri bianchi», da Gian Mario Rossignolo a Roberto Colaninno (Telcom Italia), fino ai dirigenti della tedesca Mannesmann, ma nessuno è riuscito a riportare l’Olivetti ai «fasti di un tempo». Gli stabilimenti di Scarmagno, come quelli di Aglié sono rimasti sempre vuoti. Aree vaste e ormai desolate nel cuore dei quella che fu la capitale europea del personal computer.
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