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piano di ristrutturazione

Intel licenzia 25mila dipendenti e dice addio all’Europa per inseguire l’AI

La storica azienda dei microprocessori avvia il più grande ridimensionamento della sua storia: stop agli impianti in Germania e Polonia e perdite miliardarie

Intel licenzia 25mila dipendenti e dice addio all’Europa per inseguire l’AI

Intel cambia volto, nel tentativo di restare in gioco nell’era dell’intelligenza artificiale. Dopo mesi di difficoltà crescenti e risultati economici deludenti, la storica società californiana ha annunciato il taglio di oltre 25mila posti di lavoro entro la fine del 2025, la cancellazione di nuovi impianti in Europa e un piano di ristrutturazione senza precedenti, sotto la guida del nuovo CEO Lip-Bu Tan, ex venture capitalist subentrato a marzo dopo l’uscita di Pat Gelsinger.

Il ridimensionamento arriva in un contesto di fortissima pressione competitiva: da una parte Nvidia domina la progettazione dei chip AI, dall’altra TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) detta legge nella produzione globale. Intel, rimasta a lungo indietro sul fronte tecnologico, ora punta a tagliare i costi, riorganizzare la propria rete produttiva e tornare a competere proprio nel segmento dell’intelligenza artificiale, finora ampiamente mancato.
La crisi si era già manifestata nei primi mesi del 2025: una perdita netta di 821 milioni di dollari nel primo trimestre aveva costretto l’azienda a una prima ondata di licenziamenti per 10mila dipendenti, definita allora “dolorosa ma necessaria” dal vicepresidente di Intel Manufacturing, Naga Chandrasekaran. Ora il piano si è allargato: entro il 2025 l’organico scenderà da 108.900 a 75.000 unità, coinvolgendo non solo licenziamenti, ma anche blocchi delle assunzioni e uscite volontarie.

Nel frattempo, Intel ha abbandonato definitivamente i progetti di nuove fabbriche in Germania e Polonia, inizialmente sospesi nel 2024, confermando un ridimensionamento drastico della presenza europea. Anche le operazioni in Costa Rica verranno trasferite in impianti più efficienti in Vietnam e Malaysia, mentre negli Stati Uniti rallenta la costruzione del mega-impianto in Ohio. Nonostante queste manovre, i conti restano in rosso: nel secondo trimestre Intel ha registrato perdite per 2,9 miliardi di dollari, quasi raddoppiate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tuttavia, i ricavi (12,9 miliardi) hanno superato le previsioni di Wall Street, lasciando intravedere segnali di stabilizzazione. Le nuove stime per il terzo trimestre oscillano tra i 12,6 e i 13,6 miliardi. La decisione ha l'obiettivo di semplificare, tagliare sprechi e rilanciare la competitività tecnologica, puntando sul nuovo processo produttivo 18A, considerato essenziale per tenere il passo con i chip più avanzati. Il successivo nodo tecnologico, 14A, sarà però sviluppato solo in presenza di una domanda reale da parte di clienti esterni. Fine quindi degli investimenti “sulla fiducia”: «Abbiamo investito troppo e troppo presto, ora dobbiamo correggere il corso», ha dichiarato il CEO.

Il confronto con i competitor è impietoso: Intel capitalizza oggi circa 98,7 miliardi di dollari, contro i 4.240 miliardi di Nvidia, e rimane in calo di oltre il 30% su base annua. La nuova gestione ha portato un timido recupero (+13% da inizio anno), ma il percorso resta accidentato. Con meno sedi, meno personale e meno sprechi, Intel vuole tornare a essere un attore rilevante nel mercato dei semiconduttori.

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