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Influencer artificiali, brand reali: l’AI conquista la pubblicità

Da Vodafone a Guess e H&M, le aziende sperimentano testimonial generati dall’intelligenza artificiale. Una scelta tra innovazione, marketing e dilemmi etici

Influencer artificiali, brand reali: l’AI conquista la pubblicità

Aitana Lopez, influencer digitale

La nuova frontiera della pubblicità ha il volto perfetto, i lineamenti scolpiti e lo sguardo magnetico. Ma non è umana. Gli influencer generati con l’intelligenza artificiale stanno entrando a pieno titolo nelle campagne pubblicitarie di grandi marchi internazionali, sollevando domande su costi, creatività ed etica.

L’ultima ad aver imboccato questa strada è stata Vodafone, che ha affidato a un testimonial artificiale il volto della sua nuova campagna in Germania. Un volto femminile, dai tratti convincenti ma con qualche dettaglio che tradisce la sua natura digitale: colori del viso troppo saturi, nei che appaiono e scompaiono a seconda dell’inquadratura. Elementi sufficienti per insospettire molti utenti, che sui social hanno chiesto: “È reale?”. La risposta dell’azienda non ha tardato ad arrivare: «Stiamo testando diversi stili di pubblicità, questa volta con l’AI. L’intelligenza artificiale fa ormai parte della vita quotidiana, quindi proviamo anche a inserirla nella comunicazione».

E Vodafone non è certo sola. Già lo scorso luglio, il marchio Guess aveva fatto parlare di sé con una scelta ancora più radicale: la copertina cartacea di Vogue America è stata affidata a una modella interamente generata dall’intelligenza artificiale. Si tratta di una creazione di Seraphinne Vallora, agenzia specializzata nella produzione di contenuti pubblicitari AI-based. La copertina riportava la scritta: “Produced by Seraphinne Vallora on AI”, lasciando poco spazio ai dubbi. La modella dai capelli biondi e dagli occhi azzurri, protagonista di vari scatti in outfit diversi, è frutto del lavoro digitale di Valentina Gonzalez e Andreea Petrescu, fondatrici dell’agenzia. Le due hanno raccontato alla BBC che fu proprio Paul Marciano, co-fondatore di Guess, a contattarle via Instagram per creare una modella AI per la campagna estiva. Dieci i prototipi iniziali: tra questi, sono state scelte una modella castana e una bionda, poi perfezionate in fase di post-produzione.

A scegliere l’AI come alleato strategico per le campagne è stato anche il colosso dell’abbigliamento H&M, che ha annunciato lo sviluppo di veri e propri “cloni digitali” dei propri modelli umani. In questo caso non si tratta di creare figure ex novo, ma di duplicare digitalmente i volti e i corpi reali dei testimonial. Il progetto, realizzato in collaborazione con la società tecnologica Uncut, prevede la raccolta di immagini statiche e in movimento, riprese da più angolazioni, per costruire una versione virtuale di ciascun modello. L’obiettivo? Snellire i processi creativi, accelerare le tempistiche e ottimizzare le strategie di marketing. Il completamento del progetto è previsto entro la fine dell’anno.

Dietro queste sperimentazioni si nasconde una logica economica evidente: creare influencer artificiali abbatte i costi, elimina problematiche legate ai diritti d’immagine e garantisce un controllo totale sul risultato finale. Ma non mancano i dilemmi etici.

Cosa succede quando un volto “non reale” inizia a influenzare le scelte di acquisto? Come tutelare la trasparenza nei confronti dei consumatori? E ancora: quali implicazioni lavorative per fotografi, modelli, truccatori, stylist e tutte le figure coinvolte nella produzione tradizionale?

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