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I dati
11 Settembre 2025 - 12:25
Quindici anni di governi, riforme e promesse non hanno cambiato la sostanza: il mercato del lavoro italiano resta in crisi. Lo confermano i dati Istat pubblicati a fine agosto relativi al secondo trimestre 2025: le ore lavorate sono cresciute dello 0,2%, mentre è diminuito il numero di posizioni disponibili.
Il quadro è chiaro: le imprese non creano nuova occupazione, ma chiedono straordinari, mansioni redistribuite e un uso massiccio di contratti a termine. A pagare il prezzo più alto sono i lavoratori, spremuti fino al limite, senza un corrispondente aumento delle retribuzioni.
La qualità della vita peggiora, soprattutto per giovani e donne, categorie più esposte alla precarietà e alla discontinuità lavorativa. La fotografia è aggravata dalla contrazione del Pil (-0,1%) nello stesso periodo. Alla base, la debolezza di alcuni comparti chiave:
Agricoltura e pesca: -0,6%
Industria: -0,3%
Servizi: unico settore a reggere, con il traino della stagione estiva.
Meno opportunità, più fatica per chi lavora e una crescita economica che arretra. L’Italia si muove su un equilibrio instabile, che rischia di trasformarsi in una crisi sociale se non arriveranno correttivi rapidi. Le aziende cercano efficienza senza fiducia ad assumere; i lavoratori si trovano a fare di più con meno garanzie. Un circolo vizioso che, sul lungo periodo, può compromettere tanto la produttività quanto la coesione sociale del Paese.
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