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15 Ottobre 2025 - 16:10
Foto d'archivio
La cultura e la creatività non sono un ornamento dell’economia italiana, ma una parte essenziale della sua struttura produttiva. È quanto conferma la nuova edizione del Rapporto “Io sono Cultura 2025”, realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere, Deloitte e il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, in collaborazione con l’Istituto di Credito Sportivo e Culturale, la Fondazione Fitzcarraldo e Fornasetti.
Il documento, che da quindici anni misura l’impatto economico della cultura, sottolinea come anche nel 2024 il settore abbia continuato a crescere, raggiungendo 112,6 miliardi di euro di valore aggiunto, con un incremento del +2,1% rispetto al 2023 e del +19,2% rispetto al 2021. Considerando l’indotto, la cifra complessiva sale a 303 miliardi di euro, pari al 15,5% dell’economia nazionale.
«Numeri impressionanti – osserva Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola – che confermano che la forza della nostra economia deve molto, e in tutti i campi, alla cultura e alla bellezza». Un legame che si rafforza anche di fronte alle sfide globali: «Nel momento in cui si affacciano la transizione ecologica o l’intelligenza artificiale, questa chiave attraverso cui l’Italia è presente nel mondo e nell’economia ci garantisce forza per il futuro».
Il settore culturale e creativo impiega oltre un milione e mezzo di persone, tra tecnici, creativi e specialisti, e conta quasi 289mila imprese (+1,8% in un anno) e 27.700 organizzazioni non profit attive nel campo della cultura e dell’arte.
Tra i comparti che generano il maggiore valore spiccano software e videogame, con 17,7 miliardi di euro e una crescita dell’8% in un solo anno, seguiti da editoria e stampa (11,3 miliardi) e architettura e design (9,7 miliardi).
Ma la cultura è anche welfare e coesione sociale. Il “Piano Olivetti per la Cultura”, promosso dal Ministero della Cultura, destina 44 milioni di euro a biblioteche, librerie e progetti editoriali, riconoscendo in questi luoghi presidi di prossimità essenziali per la vita delle comunità, soprattutto nelle aree più svantaggiate.
Come ricorda ancora Realacci citando l’economista John Kenneth Galbraith, «lo straordinario sviluppo del nostro Paese nel dopoguerra non fu trainato solo dalla scienza o dalla politica, ma dalla capacità dell’Italia di incorporare nei suoi prodotti una componente essenziale di cultura e dalla quantità di bellezza presente nelle nostre città».
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