Tutte le storie hanno un inizio, anche quella di Belen Rodriguez in Italia. Fino ad oggi qualcosa aveva già raccontato, ma nella fresca intervista a “Sette” la showgirl argentina ha rivelato tutti i dettagli di un’infanzia che da quasi perfetta si stava trasformando in un incubo e che è stata la molla per farla scappare. Il nonno era vice direttore di uno stabilimento della “Pepsi”, ma con l’avvento al governo di Carlos Menem tutte le aziende straniere furono cedute a investitori americani e il Paese entrò in una crisi profonda. Compresi i suoi genitori, con il padre Gustavo che faceva il venditore di attrezzi agricoli e di giardinaggio.
Da un giorno all’altro hanno perso la casa, senza poter prendere nemmeno un asciugamano o uno spazzolino, e si sono trasferiti in campagna. Ma anche qui, nessuna pace. «La gente non aveva da mangiare. Saccheggiavano i supermercati, entravano nelle case, rubavano e uccidevano le famiglie. Un giorno arrivano da noi. In otto, armati e drogati di colla. Io ero in giardino, mi prendono per i capelli, mi trascinano dentro». Hanno rubato tutto, persino il suo book fotografico, ma almeno si sono salvati. Del suo passato però non rinnega nulla perché «nonostante le difficoltà, che comunque non erano solo nostre ma di un Paese intero, io ho avuto un’infanzia meravigliosa». Quell’episodio però le ha già fatto prendere la decisione di emigrare e così a 17 anni è sbarcata in Italia. Primo lavoro, come modella di biancheria intima. Ma per quelle foto, la sua famiglia è stata scomunicata dalla chiesa protestante che frequentava da suo padre. Ed è stata come una liberazione, in realtà, perché la loro era una vita fatta di divieti.
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Dall’intimo a lavorare come cubista a Riccione fu un attimo. Ma poi la giovane Belen trovò l’indirizzo di un’agenzia di moda di Bologna e grazie a loro cominciò a fare provini per la televisione. La vera svolta verso una vita nuova. E oggi? «Mio padre arriva a Napoli per costruire una casa sull’albero a Santiago. Da settimane guarda tutorial su YouTube». Quella normalità, che in Argentina aveva perso.
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