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Ricorso in Cassazione

Movida, San Salvario batte cassa: «Pagateci 2 milioni»

Cittadini contro il Comune per le notti insonni

Movida, San Salvario batte cassa: «Pagateci 2 milioni»

Quanto valgono le notti insonni dei residenti di San Salvario? Per il giudice di primo grado, un risarcimento sotto i 25 euro al giorno. Per la Corte d’Appello molto meno, circa 4 euro. Ma, per i diretti interessati, l’indennizzo dev’essere dieci volte tanto: per questo motivo 29 abitanti di largo Saluzzo battono cassa alla Città con un ricorso alla Corte di Cassazione, bruciando sul tempo lo stesso Comune cui chiedono il risarcimento. E che ritiene di non dover pagare nulla, tanto da voler fare un controricorso per non versare neanche quei 4 euro. In ballo c’è una cifra totale che si avvicina ai 2 milioni, cioè quanto richiesto dai cittadini per chiudere ogni discorso.
La malamovida
L’antefatto: dopo aver sopportato interminabili fine settimana tra urla e schiamazzi, cinque anni fa il gruppo di residenti di Largo Saluzzo ha deciso di fare causa alla Città e all’allora sindaca Chiara Appendino. In tutto erano 29 persone, assistiti dagli avvocati Alessandro Sodde, Silvia Bortolotti, Marco Buffa ed Ennio Piovesani. L’accusa era quella «di non aver assunto le misure necessarie a contenere entro i limiti di legge i rumori notturni provocati dalla movida, nonché il disagio causato dal flusso massiccio di persone che stazionano».
Per sostenere la loro tesi, legali e assistiti hanno presentato un precedente riconducibile al Tribunale di Brescia, che aveva condannato il Comune a pagare 50mila euro a due cittadini disturbati dal rumore della movida: «Abbiamo fatto una lunga ricerca per trovare casi analoghi» ricorda Piovesani.

I due processi

I residenti chiedevano non meno di 62.400 euro a testa, che moltiplicato per 29 fa 1 milione e 800mila euro. In primo grado, a marzo 2021, la seconda sezione civile del Tribunale di Torino ha disposto rilevazioni acustiche notturne e ha dato ragione ai ricorrenti, accogliendo le contestazioni a Palazzo Civico e imponendogli di pagare 1 milione e 200mila euro (quindi 42mila a testa, con cifre inferiori per 4 dei 29 ricorrenti). Poi la Città aveva fatto ricorso e il 15 novembre la Corte d’appello ha ridotto parecchio il risarcimento, arrivando a 200mila complessivi. E imponendo ai residenti di restituire quanto già incassato: «Il risultato finale è di circa 4 euro al giorno a testa, una cifra che riteniamo irrisoria - sottolinea Piovesani - Per questo abbiamo presentato il ricorso in Cassazione, chiedendo uniformità rispetto a sentenze simili».

Per la Corte d'Appello, il Comune di Torino deve far cessare le immissioni rumorose superiori alla normale tollerabilità

L’ulteriore penale
In ballo non c’è solo il passato, però. La Corte d’Appello si è espressa anche su presente e futuro: il presidente della seconda sezione, Alfredo Grosso, ha ordinato «al Comune di Torino di far cessare le immissioni rumorose superiori alla normale tollerabilità» e ha fissato in 10 euro al giorno per ogni ricorrente il risarcimento «per l’eventuale ritardo nell’esecuzione del provvedimento». Ma il giudice ha concesso sei mesi di tempo all’ente pubblico: di conseguenza, il 15 giugno 2023 è la data entro cui Palazzo Civico deve mettersi in regola.
«Questa nostra istanza era stata rigettata in primo grado ma accolta in secondo - ricorda l’avvocato Piovesani - La cifra doveva servire a stimolare il “danneggiante” a intervenire. Invece non ha fatto nulla». Un’ulteriore beffa, secondo i residenti e i loro legali: «A questo punto dovremmo fare un ulteriore giudizio».
Federico Gottardo

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