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"I Tre Moschettieri. Opera Pop", Giò Di Tonno: "Un cambiamento della mia vita artistica, ecco perché..."

Dopo il grande successo del "Gobbo di Notre Dame", una nuova avventura musicale tra duelli e introspezione

"I Tre Moschettieri. Opera Pop", Giò di Tonno: "Un cambiamento della mia vita artistica, ecco perché..."

"I Tre Moschettieri. Opera Pop"

Tutto è nato da un maestro d’armi, Renzo Musumeci Greco. «Era il 2010 - spiega Giò Di Tonno -, durante una pausa dei “Promessi Sposi. Opera Moderna” mi sono ritrovato con Vittorio e Graziano a giocare con delle spade, Renzo ci vede e ci dice: sareste perfetti per fare i tre moschettieri. Perché non ci pensate?». Non è stato un “detto fatto”, perché Giò ci ha pensato per più di dieci anni. «In mezzo ci sono stati altri spettacoli, i tour, i figli -dice il cantante e attore pescarese - ma non ho mai accantonato quel suggerimento. Negli anni ho buttato giù un po’ di idee musicali, poi, tra il 2022 e il 2023 ho ripreso in mano il progetto e ho detto: lo porto a compimento». Ed ecco allora il più famoso romanzo di Alexandre Dumas diventare “I Tre Moschettieri. Opera Pop” con protagonisti Giò Di Tonno, Vittorio Matteucci e Graziano Galatone, le musiche di Giò Di Tonno, i testi di Alessandro Di Zio, la direzione artistica e la regia di Giuliano Peparini.

Athos, ovvero Giò Di Tonno

Dopo il debutto ad Isernia nel novembre scorso e una ventina di recite in giro per l’Italia, lo spettacolo, tra musica, prosa e danza, approda al Teatro Colosseo di Torino dal 28 febbraio al 2 marzo. E sul palco di via Madama Cristina si ricrea la magia del famosissimo musical “Notre-Dame de Paris” con il trio Di Tonno-Matteucci-Galatone, rispettivamente il gobbo Quasimodo, Frollo e Febo nell’opera musicale di Cocciante, e qui nei panni di Athos, Porthos e Aramis.
E D’Artagnan?
«Lo interpreta Sea John, un ragazzo che non ha nessuna esperienza teatrale ma ha fatto un grande lavoro ed è bravissimo. Noi tre non potevamo fare d’Artagnan, siamo troppo vecchi e anche un po’ imbolsiti per il personaggio».
Non dev’essere stato facile ridurre mille pagine del romanzo in poco più di due ore.
«No, ma siamo riusciti a farlo rimanendo fedeli al testo. Abbiamo anche usato la figura di Dumas come narratore e così il racconto, merito della regia e della scrittura, scorre fluidamente. L’unica licenza che ci siamo presi è stata dare più spazio alla storia d’amore di Costanza e D’Artagnan e più introspezione ai personaggi. Non è solo una storia di cappa e spada».


Ma ci sono anche i duelli...
«Certo, quelli non possono mancare. A questi ci ha preparati il maestro d’armi Renzo Musumeci».
Quanti brani ha composto per lo spettacolo?
«Quaranta brani, molti, però, sono solo di raccordo. Ci sono brani rock, brani pop, incursioni nella musica sinfonica. È una musica leggera con un respiro più ampio».
Che cosa significa per lei questo spettacolo?
«Un cambiamento nella mia vita artistica. Non dico che non mi piaccia più il palco, ma mi piace di più la scrittura e la composizione ed è questo che adesso voglio fare. Non avrei disdegnato essere dietro le quinte. Sarei contento anche se sul palco ci fosse un altro Athos al posto mio».

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