È morta per una sacca di sangue destinata a un altro paziente e iniettata per sbaglio a lei. Un errore che è costato la vita a Carla Raparelli, 71enne deceduta la sera del 9 marzo 2023 al Maria Pia Hospital, clinica privata sulla collina di Torino: per quella tragedia sono finiti a giudizio un infermiere e un medico, accusati di omicidio colposo e falso ideologico in atto pubblico. Il primo, il 54enne Sterian Giani Amarei, ha patteggiato una pena a un anno e 4 mesi mentre il secondo, il 43enne Paolo Luigi Sorrentino, affronterà il processo.
A denunciare i due era stata una anestesista che si era rifiutata fino all’ultimo di modificare la realtà che aveva visto, nonostante le pressioni per cancellare la trasfusione sbagliata dalla cartella clinica. La dottoressa, intervenuta quando era ormai troppo tardi, aveva notato che la paziente aveva l’ago infilato nel braccio e una flebo che le infondeva goccia a goccia una sacca di sangue (del gruppo sanguigno sbagliato, B+ anziché 0+). Quel giorno, però, la signora Raparelli non aveva bisogno di alcuna trasfusione: era entrata nella clinica il 23 febbraio per sostituire delle valvole, otto anni dopo una precedente operazione cardiaca. L’intervento era riuscito e stava affrontando gli ultimi giorni di ricovero. Invece l'errore le ha provocato lo shock che l'ha uccisa.
L'inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Giorgio Nicola, ha accertato che l’infermiere avrebbe agito alle 21,15, applicando alla paziente la sacca di sangue destinata a un uomo che aspettava di ricevere la sua seconda trasfusione (dopo una prima infusione iniziata alle 19,30). Il protocollo di sicurezza, che è nazionale, stabilisce che siano un medico e un infermiere a verificare la corrispondenza tra sacca e paziente, la compatibilità del gruppo sanguigno e la verifica dell’identità. Quella sera non sarebbe stato fatto. Non solo, dall'analisi dei documenti sanitari è emerso che le firme sui moduli erano state apposte probabilmente in anticipo: stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, Sorrentino non era più in clinica quando è stata effettuata la trasfusione (e dai tabulati è risultato che era al telefono con la moglie). Da qui l'accusa di falso ideologico in atto pubblico e di omicidio colposo per entrambi: come detto, Sorrentino non era presente quando l'infermiere ha commesso l'errore fatale ma la sua colpa, in quanto medico responsabile della trasfusione, sarebbe proprio quella di non esserci stato per bloccare l'infermiere.
Il dottore affronterà il processo, che inizierà il 16 giugno. I familiari della signora Raparelli, intanto, sono stati risarciti dalla clinica privata.