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L'inchiesta
04 Marzo 2025 - 18:09
Foto di repertorio
Innanzitutto, guai a portare i pantaloni. Poi dovevano sottostare a digiuni rigidissimi e avevano il divieto di mangiare la maionese, assaggiare la carne di maiale e bere la Coca Cola. E, in caso di trasgressione, la mamma di quelle due bambine faceva partire urla, schiaffi, morsi e botte sulle mani con il mestolo. Quindi la "pastora", predicatrice della chiesa pentecostale che frequentavano loro e altri ragazzini, rincarava la dose costringendo le piccole a passare la notte in piedi o chiuse sul balcone, anche con le gelide temperatura invernali: «Se non rispettate le regole, finite all'inferno, dritte nelle braccia di Satana» urlavano in coro le due donne, entrambe accusate di maltrattamenti su familiari o persone affidate a loro. Un reato che può costare fino a 7 anni di carcere.
Questi comportamenti sono andati avanti anni e hanno riguardato almeno tre bambini della comunità nigeriana che fa riferimento a questo culto cristiano pentecostale, che ha sede a cavallo fra i quartiere di Aurora e Barriera di Milano. Fino a quando le loro famiglie hanno avuto il coraggio di denunciare e sono partite le indagini coordinate dal pubblico ministero Barbara Badellino, chiuse pochi giorni fa in vista della richiesta di rinvio a giudizio e del processo a carico delle due donne.
Gli inquirenti, anche grazie alle testimonianze degli stessi ragazzini, sono riusciti a ricostruire questi anni di abusi mossi dal fanatismo religioso (che ricordano quelli che venivano perpetrati in passato in certi collegi). Erano le stesse famiglie ad affidare i figli alla predicatrice D.S., classe 1983: faceva loro da babysitter ma anche, in qualche modo, da catechista. Botte, maltrattamenti e divieti, a quanto pare, servivano per "inculcare" loro i precetti della chiesa ed evitare che finissero nelle grinfie del demonio. Che a Torino, secondo la difesa della donna, ha una forma ben precisa: «Ho cercato di salvarli perché spesso, nella nostra comunità, i maschi fanno gli spacciatori e le femmine diventano prostitute - ha raccontato lei stessa agli investigatori in un italiano stentato e infarcito di inglese afrikaans - Io so cosa significa, ci sono passata». In sostanza, le regole ferree e ispirate alla religione servivano per evitare che cadessero anche loro in quella spirale di degrado e delinquenza. E lei si sarebbe fatta carico dell'educazione dei ragazzini in quanto "pastora" investita da Dio di questa responsabilità.
Secondo l'accusa, avrebbe trovato terreno fertile nella mamma di due delle vittime, la 60enne F.I., anche lei indagata per maltrattamenti e ancora più rigida nei suoi divieti.
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