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la sentenza

Criminalità tra gli ultras della Juve, otto anni di carcere al capo dei Drughi

Riconosciuta per la prima volta l’associazione per delinquere. Per Mocciola, leader storico, la pena più severa

La Curva Sud della Juventus (foto Depositphotos)

La Curva Sud della Juventus (foto Depositphotos)

La Cassazione ha confermato le condanne per cinque ultrà della Juve processati nell'inchiesta "Last Banner" e accusati a vario titolo di associazione a delinquere ed estorsione. I giudici hanno rigettato i ricorsi degli imputati e, accogliendo la richiesta formulata dalla procura generale, hanno disposto un giudizio di appello bis solo per un singolo episodio fra quelli contestati. In appello, lo scorso 30 aprile, i giudici torinesi avevano condannato il capo ultrà bianconero Dino Mocciola a otto anni di carcere, mentre per Salvatore Cava, Sergio Genre, Umberto Toia e Beppe Franzo le condanne erano state rispettivamente a quattro anni e sette mesi, quattro anni e sei mesi, quattro anni e tre mesi, tre anni e undici mesi di reclusione.

L'inchiesta "Last Banner" era stata condotta dalla Digos della questura di Torino a seguito di una denuncia presentata dal club bianconero, costituitosi parte civile e rappresentato in aula dall'avvocato Luigi Chiappero e dalla collega Maria Turco. Il processo riguarda le pressioni esercitate dalla curva nei confronti della società durante la stagione 2018-19, tra cui scioperi del tifo e cori razzisti, organizzati dagli ultras per ottenere benefit e privilegi. «Un'azione convergente - ha detto in aula il sostituto pg di Cassazione, Alessandro Cimmino - organizzata dalle frange estreme, volta a condizionare le scelte della società' allo scopo, come emerso anche dalle intercettazioni, di riottenere i benefit, tra cui i biglietti per le trasferte». 

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