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Venaria, prediletta dai Savoia per gli svaghi e l’arte venatoria

Venaria

La Venaria Reale era la reggia prediletta dei Savoia, che l’avevano pensata come luogo di piacere e di diletto venatorio. Non a caso, il nome Venaria deriva proprio dall’aristocratica “ars venatoria”. All’epoca della sua costruzione, nel Seicento, era una delle regge più grandi d’Europa. E c’è chi dice che il re di Francia Luigi XIV, dovendo progettare il suo nuovo castello di Versailles, si sia ispirato proprio alla delizia di caccia del duca di Savoia. A Torino si diceva che vedere la capitale senza passare alla Venaria significava recarsi in visita alla madre senza salutare la figlia (Chi a ved Turin e nen la Venerìa, a ved la mare e nen la fija): e in effetti Venaria è in tutto figlia di Torino, costruita appositamente come città ideale.

La reggia di Venaria è legata al nome di Amedeo di Castellamonte, che la progettò per il duca Carlo Emanuele II: i lavori per la costruzione iniziarono nel 1658 e continuarono fino al 1679. Amedeo progettò anche il borgo di Venaria, che disegnò con una pianta atta a disegnare un collare dell’Annunziata, massima onorificenza di Casa Savoia. In fondo all’asse principale del paese, l’ingresso alla Reggia voluta dal duca Carlo Emanuele II, che utilizzò la reggia non soltanto come residenza di caccia, ma anche come fuga dalla città e come luogo per i suoi piccanti appuntamenti d’amore.

Carlin era un appassionato corteggiatore e questa residenza di campagna servì da sfondo per le sue avventure galanti. La reggia ha subito più di un ampliamento, con l’aggiunta di nuovi edifici attorno al nucleo iniziale; il complesso si arricchì di opere d’arte e, oggi, vanta alcuni dei simboli dell’arte barocca: la Galleria Grande e la chiesa di Sant’Uberto, realizzate da Filippo Juvarra o la Sala di Diana di Amedeo di Castellamonte. Perduto è invece lo spettacolare Tempio di Diana, sempre del Castellamonte. Possiamo avere un’idea delle fattezze di questo tempio nelle illustrazioni del Theatrum Sabaudiae.

Purtroppo, passati i fasti del periodo barocco, la residenza entrò in crisi. Ad abbandonarla, dopo le devastazioni napoleoniche, fu la stessa corte: è noto che Vittorio Emanuele II amasse in modo particolare il suo rifugio di caccia nel vicino parco della Mandria; mai il Re Cacciatore trascorse del tempo nella limitrofa Venaria, già in degrado. Il lento declino della residenza continuò per tutto il Novecento. Alla fine, deturpata, vandalizzata, sfregiata, l’immensa reggia smise di essere un vanto del Piemonte e si iniziò a temere per la sua stabilità.

Qualcuno propose anche di abbatterla: a che pro tenere un gigantesco rudere in una città che si stava espandendo e che necessitava di nuove case per gli operai? Fortuna che, invece, la Venaria venne risparmiata e che si provvide al suo restauro: è stato il più grande e costoso cantiere di restauro in Europa, e oggi i risultati si vedono. Nel 2018 Venaria è stato il settimo sito museale più visitato in Italia; nel 2019 il giardino della Reggia è stato eletto parco pubblico più bello d’Italia.

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