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La “y” che non piaceva al Duce: e nel 1939 è nato il nome Leini

SantuarioLeini

Ne ha subìte di peripezie Leynì, alias Leinì, alias Leini, unico comune piemontese ad aver mutato il suo nome tre volte nell’arco di un secolo. Quella “y” non piaceva a Mussolini che, perseguendo l’italianizzazione obbligatoria di tutti i toponimi italiani, cancellò con Regio Decreto del 1939, la vetusta grafia sostituendola con una “i”. E vagli a spiegare che la “y”, in questo caso, è un retaggio antico, abitudine presente fin dal XVI secolo (ma nel Medioevo il paese già figurava come Leynico). All’epoca, qui era terra di Piemonte.

Nonostante i leinicesi abbiano fatto richiesta alla Regione Piemonte di ritornare ai vecchi albori, con la grafia infranciosata dalla “y” di antica memoria, il Ministero degli Interni decreta che aveva ragione Mussolini e che il nome del paese è Leini, tra l’altro senza accento. Vai a capire perché proprio su Leynì si sia accanita la burocrazia, giocando allegramente con il nome di questo comune della periferia che, a ben vedere, è noto ai più proprio nella sua antica forma toponomastica. Sì, perché questo era il feudo di Andrea Provana di Leynì, uno degli eroi della storia sabauda: ammiraglio, corsaro, comandante della flotta sabauda nella battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571. Provana è sicuramente il leinicese più illustre, al quale sono collegati gli edifici più significativi: prima fra tutte, la torre detta dell’Ammiraglio, che però era pre-esistente ad Andrea Provana. Sita nella piazza principale, alta 33 metri, è un po’ il simbolo del comune.

Certo, tra l’epoca di Andrea Provana e oggi Leynì è cambiata. Oltre ad aver perso la sua famosa “y” ha anche visto cambiare notevolmente il suo contesto urbano: significativo è stato l’arrivo dell’industria ed in modo particolare della Singer, i cui stabilimenti hanno sostanzialmente raddoppiato la popolazione residente. Nell’arco di un secolo, i leinicesi sono passati da circa 4mila abitanti agli attuali 15mila.

Il paese fu feudo dei Savoia e dei Monferrato, anche se lontano dal contesto geografico monferrino (ma non lontano da Chivasso, la capitale storica dei marchesi del Monferrato). Dal 1380 fu sempre infeudato dalla famiglia dei Provana, vassalli dei Savoia, contribuendo alla realizzazione dell’abitato e dei luoghi di culto. Tra gli edifici religiosi, oltre alla parrocchiale dei santi Pietro e Paolo, una menzione particolare merita il santuario della Madonna delle Grazie, sorto in ricordo di un miracolo avvenuto il 1° giugno 1630, allorquando la Vergine apparve a un sordomuto annunciandogli la fine dell’epidemia di peste che affliggeva il Piemonte e la Lombardia (era la peste del Manzoni).

I circa 700 ex voto conservati al suo interno tesitmoniano la pietà e la devozione popolare, facendo di questo santuario uno dei più importanti dell’area metropolitana di Torino.

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