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Crisi e povertà un conto amaro

serranda chiusa

Fonte: Depositphotos

Da lunedì, il Piemonte in compagnia di una bella porzione della nostra Italia, assisterà al fenomeno delle serrande chiuse. E’ il triste valzer che si suona nelle zone rosse, ossia in quelle in cui il Covid la fa da padrone. E i numeri non offrono scampo: quasi tremila contagi, mentre i letti d’ospedale cominciano a scarseggiare.

C’è poco da stare allegri e se già sappiamo che Pasqua e Pasquetta saranno blindate, peggio - pare - di quanto è capitato a Natale, i numeri che mi accingo ad elencarvi aggiungono preoccupazione alla tristezza dell’isolamento. Parlo della malattia economica che ci sta consumando come lumini, grattando via i risparmi e facendo lievitare sempre più la tensione sociale che, se non è esplosa bisogna dire grazie al blocco dei licenziamenti e alla cassa integrazione.

Ma la febbre resta, quando si arriva a sommare il numero dei posti di lavoro persi nel precariato o nei contratti a termine (oltre 65mila) con i 371 milioni di ore di cassa integrazione, le migliaia di aziende chiuse e altrettante pronte a portare i libri in tribunale. Si cammina con le scarpe bucate in attesa di ristori o sostegni governativi che non arrivano da mesi, mentre affitti e bollette corrono a dispetto delle promesse.

Un quadro oscuro che la nuova serrata rende ancora più drammatica. In zona rossa non si spende se non per il necessario, si spengono i consumi, e si consumano solo i risparmi per chi fa impresa. Non stupisce allora se il mondo a cui siamo abituati rallenta quasi fino a spegnersi, mentre il virus corre a portare rogne e morte.

Chiedersi che fare è logico ma, ora come ora, non trova risposte nonostante i progetti e qualche buona idea. Lo scivolo è troppo ripido e per riportarlo ad un piano accettabile c’è solo il vaccino. Resta da capire se, fra tutti, avremo il tempo di aspettarlo.

fossati@cronacaqui.it
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