Eroina e cocaina. Mescolate insieme e iniettate in vena. O alternate, usando la stessa siringa a distanza di pochi minuti. Ossia, per dirla in gergo, il cavallo e l’altalena. Così fanno i veterani del buco, quelli che non provano neppure più lo sballo singolo, ma hanno bisogno di combinare insieme le sostanze per provarne ancora un effetto. Sono gli ultimi, quelli di cui abbiamo fotografie che contengono i residui di una vita che si sta consumando. Sulla sponda della Dora, tra i cespugli del Valentino, tra le auto in sosta. Quelli disposti a tutto per i pochi spiccioli che costa la “dosina”, che forse ormai concede solo il piccolo shock dell’ago che entra nella vena ormai consunta. I campanelli di un allarme sociale che spesso si ferma al gesto e non indaga a fondo sui meccanismi che stanno trasformando la droga in un’emergenza sociale che forse non è mai stata così pesante. E solo indagando su questo esercito di giovani e meno giovani, di ragazze che sono sempre più numerose si può cogliere un mondo parallelo che ci scorre accanto. Con il crack, quello che si fuma in bottiglia e che è sempre più diffuso, con le droghe sintetiche magari preparate sui fornelli di una cucina. Con quel primo spinello che poi porta lontano. I veleni che le mafie ci stanno propinando a prezzi bassi, anzi bassissimi grazie ad una vera azione di marketing che bada solo ad aumentare i clienti. Partendo dalle scuole, avvelenando l’aperitivo e le birrette della movida, aggredendo il centro dove, loro sanno, c’è più moneta. Un’emergenza che non è solo legata alla sicurezza, ma che tuttavia finisce per coinvolgere chi si fa e chi ne subisce le conseguenza per le violenze, i furti, gli scippi e le rapine. Uno stato di cose che non si può coprire con il silenzio e che impone almeno due rimedi: il contrasto e la cura. Resta da capire se abbiamo la capacità di capire che l’uno senza l’altra non portano a nessun risultato.
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