Tradizione vuole che quando il Farò di San Giovanni fa cadere il toro in fiamme verso Porta Nuova, l’anno sarà benigno. Meglio, prospero. E giovedì sera, è proprio successo così. Ben vengano dunque le antiche credenze a metà di questo 2021 che non dimenticheremo mai, proprio come il 2020. E ben venga una giornata di festa, forse la più sentita degli ultimi decenni quando la si aspettava soltanto per legarla ad un ponte vacanziero. Ieri per dirla tutta si è vista una Torino diversa, allegra e responsabile, vogliosa di quella normalità che ormai ha il sapore di un sogno. Ed è questo che abbiamo provato a chiedere ai torinesi con un sondaggio artigianale, fatto in strada, sbandierando una sorta di lampada di Aladino: «Qual’è il sogno che vorrebbe realizzare?» Hanno risposto in tanti, ma nessuno ha scherzato sul villone in collina, la Ferrari, piuttosto che una vacanza ai Caraibi. I ragazzi chiedono di ritrovare i compagni in classe e di fare lezioni al loro banco; gli adulti la sicurezza di un lavoro, senza cassa integrazione e facendo lo scongiuro ai licenziamenti; gli anziani la salute. E neppure tentandoli con un decalogo fatto di auto nuove, vincite milionarie, notti sfrenate con Vip e starlette, è cambiata la solfa. L’oggetto del desiderio in questa Torino stremata è ciò che ci ha tolto questa pandemia, la paura del Covid, la privazione della libertà, la negazione di un abbraccio e di un bacio. E le ansie per il futuro. Un messaggio chiaro per chi andrà a sedersi sulla poltrona di primo cittadino. Scuola, salute e lavoro. Cose semplici in fondo, ma che contengono un imperativo: ridare ai torinesi quella sicurezza che il Covid, ma non solo, è mancata in questi anni, allungando le file alla mensa dei poveri, tagliando posto in fabbrica e negli uffici, portando migliaia di famiglie sull’orlo dello sfratto. Confidiamo nella buona sorte indicata dal Farò: realizzare i sogni in fondo è possibile.
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