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Ci mancano le prospettive

torino panoramica veduta giorno

Foto: Depositphotos

Torino è una città vecchia e insicura. Che non sa programmare e che ha sciupato un patrimonio di possibilità che aveva messo in cassaforte quando era una capitale dell’industria e poi una cittadella della cultura capace di attrarre grandi eventi internazionali, con il loro apice nelle Olimpiadi del 2006. Una fotografia come al solito impietosa, ripetendo una cantilena che si trascina da anni, posizionando Torino, quando va bene, a metà classifica tra le grandi città. Tanto che il 21 esimo posto del 2020 sembra quasi un bel voto. In realtà siamo dietro Cuneo e ben lontani dalla città che prendiamo sempre ad esempio, ossia Milano. Segno che quel Mi-To di antica memoria, quando si favoleggiava di scambi paritetici e addirittura di megalopoli, si sono infranti. Milano ha fatto la spesa e Torino ha svenduto. Il segno di questo disagio che accompagna la vita della città lo si trae da alcuni elementi: siamo al 99esimo posto per quanto riguarda la capacità produttiva dei singoli cittadini, ossia l’incapacità di creare ricchezza; siamo all’86esimo per la qualità della vita dei giovani, un altro capitolo doloroso che innesca la fuga di chi sogna un futuro e lascia terreno fertile alla criminalità. Un altro dato che deve far riflettere: siamo al 90esimo posto per giustizia e sicurezza. Come dire che trionfano i criminali e si accumulano i processi. In sintesi Torino appare scadente nei servizi, con la cultura che perde sempre più opportunità e dunque posizioni, con l’industria che arranca e (fuori dall’indagine di cui stiamo parlando) con il rischio di perdere decine di migliaia di posti di lavoro. Serve una svolta e servono prospettive: l’aereospazio, l’intelligenza artificiale e quella Gigafactory che potrebbe ridare vita al deserto di Mirafiori. Già, le prospettive. Quelle che potevamo avere in cassaforte. Peccato che qualcuno abbia gettato la chiave, con colpevole disinteresse.

beppe.fossati@cronacaqui.it
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